L’umanità si divide in due: chi è in ritardo e chi aspetta. In un mondo ideale, che non esiste, il ritardo sarebbe abolito, ma così non è. Qualche anno fa, qualcuno si era messo a calcolare che un tempo fra 15 e 20 minuti di attesa di un popolo, possono arrivare a costare qualche punto di Pil.
Eppure, una ricerca scientifica realizzata dalla “Harvard Medical School”, ha tentato di riabilitare l’immagine dei ritardatari cronici, quelli costretti a scusarsi di continuo con partner, amici, parenti, colleghi e superiori. Anzi, la ricerca non solo li riabilita, ma gli consegna anche qualche valore aggiunto del tutto inatteso.
Tanto per cominciare, secondo lo studio, il ritardatario è in genere una persona decisamente più rilassata e ottimista di chi ama la puntualità. Questo, porta dritti al punto numero 2, quello secondo cui si tratta di persone con una vita più facilmente felice e non di rado costellata di successi. Terzo, sempre secondo i cervelloni di Harvard, ritardare allunga la vita: detto in altro modo, chi non riesce neanche per sbaglio ad essere puntuale probabilmente ha un’aspettativa di vita maggiore di chi invece si fa a pezzi il fegato nell’attesa snervante.
“È impressionante l’impatto di una prospettiva positiva sulla salute generale e sulla longevità di una persona – ha spiegato il team di esperti - la ricerca ci dimostra che una visione ottimistica può prevedere una salute migliore e un tasso di morte inferiore valutabile fra 15 e 40 anni”.
Non è finita: aggiungendo i risultati di un’altra ricerca, questa volta di qualche anno fa, le persone in ritardo sono più portate a esistenze multitasking e sviluppano una capacità di “problem solving” più acuta rispetto ad altri, perché costrette a improvvisare, a volte inventando sempre nuovi motivi a cui attribuire il ritardo.
Scientificamente, combattere la sindrome del ritardatario pare non sia affatto semplice, perché si tratta di una diversa concezione del tempo e dello spazio. In proposito vale un altro esperimento datato 2011, quando la San Diego University provò a dimostrarlo dividendo in due un gruppo di volontari: il primo composto da persone ambiziose e competitive, l’altro da soggetti più creativi. A entrambi è stato chiesto, senza poter contare su un orologio, di segnare su un foglio quando sarebbe passato un minuto. La media del primo gruppo, i precisini, si aggirava sui 58 secondi, sfiorando la perfezione. Al contrario, per l’altro gruppo, quasi nessuno è riuscito a fermarsi prima di sfiorare gli 80 secondi. Ottimi candidati per le ferrovie italiane.