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Evviva. Tra i vari primati che il capoluogo cerca di appuntarsi sul bavero di città moderna, accogliente, profonda, elegante e multiculturale, ne spunta uno che va in senso ostinato e contrario. Lo scorso anno, prima città italiana, Torino ha sforato per 98 giorni il limiti di 20 microgrammi al metro cubo consentiti per le famigerate polveri fini.

È uno dei risultati del report di Legambiente “Mal’Aria di città 2023: cambio di passo cercasi”, che al secondo posto vede Milano (84 giorni) e Asti con 79. Alla triade si aggiungono Modena (75), Padova e Venezia (70) per completare il quadro delle città che hanno registrato più del doppio degli sforamenti consentiti. Va da sé che i target europei che hanno come 2030 la data cardine sono lontani come non mai: il 76% delle città italiane è fuorilegge per PM10, PM2,5 e biossido di azoto.

“L’emergenza smog non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza. In Europa è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52.000 decessi annui da PM2.5, pari a 1/5 di quelli rilevate in tutto il continente – commenta Legambiente - è necessario agire con urgenza per salvaguardare la salute dei cittadini, introducendo politiche efficaci ed integrate che incidano sulle diverse fonti di smog, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura”.

La tendenza di lieve decrescita, prosegue l’associazione ambientalista, è troppo lenta, con un tasso medio annuale di riduzione delle concentrazioni di PM10 pari al 2%. “Di questo passo, per alcune città servirebbero altri 17 anni per mettersi al passo, mentre per altre non ne basterebbero 30”.

Le soluzioni, conclude Legambiente, passano attraverso sei possibili interventi diversi: passare dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle Zez (Zone a zero emissioni). In questo fa scuola Milano con la famigerata “Area B” e ancor di più Londra con la “Lez” (Low Emission Zone), che limitano fortemente la circolazione ai veicoli più inquinanti riducendo le emissioni fra il 30% e il 40%. Lo stesso principio che andrebbe adottato per il riscaldamento, che ovviamente deve obbligatoriamente passare per un piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata attraverso misure incentivanti come il Superbonus per la sostituzione delle caldaie a gas. Terzo passaggio, potenziare il trasporto pubblico rapido con l’aggiunta di mezzi e abbonamenti scontati. Quarto punto, la sharing mobility, la mobilità elettrica condivisa, di pari passo con la realizzazione di altri 16.000 km di percorsi ciclabili in tutt’Italia. Importante anche un ripensamento dello spazio pubblico urbano attraverso concetti come “città dei 15 minuti” e della sicurezza stradale con “città 30” all’ora. Per finire l’estensione progressiva della Zez (Zero Emission Distribution) per convertire l’intera città all’elettrico ben prima del 2035, data che Bruxelles considera il termine ultimo per eliminare le auto a combustione interna dal suolo europeo.