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Sono 200, il calcolo è ufficiale, gli esseri umani conservati nei laboratori della “Alcor Life Extension Foundation”. Sono tutte persone che al momento della morte sono state conservate in grossi cilindri riempiti di azoto liquido a -196°, nella speranza che un giorno la scienza, la tecnologia o chissà cosa, sia in grado di riportarli in vita.

Nata nel lontano 1972, la Alcor – organizzazione senza scopo di lucro fondata da Fred e Linda Chamberlain – inizialmente aveva sede a Riverside, in California, ma il timore che i terremoti potessero guastare le delicate apparecchiature di conservazione, ha convinto la proprietà a spostarsi con tutto il proprio carico inquietante a Scottsdale, in Arizona, dove la terra trema molto meno.

Da sempre, la Alcor concentra i propri sforzi nella crionica, la tecnica di conservazione di esseri umani e animali per tempi molto lunghi, nella convinzione che la tempestività del congelamento al momento della morte permetta di conservare la memoria, la personalità il carattere di chi si sottopone al trattamento. Il processo di conservazione parte dalla cosiddetta “vetrificazione”, ovvero l’asportazione di sangue e fluidi, sostituiti con sostanze chimiche che impediscono al ghiaccio di danneggiare i tessuti.

Uno dei primi esseri umani al mondo ad essere sottoposto al processo di conservazione, ancora oggi custodito nei sotterranei dell’azienda americana, fu James Bedford, uno psicologo di 73 anni: dal 1967 aspetta che arrivi il suo momento. Di altri, di cui non si conosce l’identità, è stata conservata soltanto la testa, per espresso desiderio dei proprietari di tramandare ai posteri il proprio cervello, mentre 100 postazioni sono occupate animali domestici a cui i padroni hanno voluto donare una speranza futura. I soci, attualmente quasi 2.000, sono tenuti a indicare nel testamento di rifiutare l’autopsia e a stipulare un’assicurazione sulla vita che ha la Alcor come beneficiario unico, in modo da garantirsi il pagamento “dell’affitto” dopo la morte. Ogni socio è dotato di uno speciale braccialetto che chiede ai medici ospedalieri di avvisare tempestivamente la Alcor, la quale garantisce di avere squadre pronte ai pretrattamenti che devono avvenire entro un’ora dal decesso, da effettuare prima del definitivo trasferimento crionico.

Teorie che fin dall’inizio dividono in due la comunità scientifica. Da una parte chi è convinto sia soltanto una furbata per continuare a pompare denaro anche dopo la morte, dall’altra (molti meno) quanti invece ritengono che un fondo di verità possa esserci.

I costi? 200mila dollari per conservare un corpo intero, 80mila se ci si accontenta della testa. Resterà il problema, al risveglio, di trovarne uno disponibile.