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Il mondo del lavoro è in costante evoluzione, e la possibile introduzione della settimana corta dopo il consolidamento dello smart working, possono essere strumenti di salvaguardia del benessere dei lavoratori e dell’ambiente. Secondo un’indagine realizzata per "Pulsee Luce & Gas" da “NielsenIQ”, ha acceso i riflettori su questo importante aspetto secondo un campione rappresentativo della popolazione italiana.

Dal rapporto emerge che 1 intervistato su 3 lavora in modalità full remote o ibrida. Lo smart working è mediamente concesso per il 37% delle ore totali di lavoro (uno o due giorni, su cinque). Complessivamente, il 49% del campione preferisce il lavoro agile, mentre il 42% l’ufficio. Tra i lati positivi del lavoro da casa figurano principalmente la riduzione dei tempi di spostamento per raggiungere il luogo di lavoro (77%), che in media ammonta a 41 minuti, e dei costi (72%), che cuba per circa 124 euro al mese tra viaggi e pranzi di lavoro, insieme a una migliore gestione del work-life balance (64%). I maggiori rischi percepiti, invece, sono l’isolamento sociale (59%) (specie al Nord Ovest), la sedentarietà (58%) e la difficoltà a separare lavoro e vita privata (44%).

L’espansione dello smart working appare più compatibile con professioni che non necessitano di troppi strumenti e materiali: più di 7 intervistati su 10 ritengono di avere tutti i dispositivi necessari per svolgere il proprio lavoro da casa, tuttavia solo il 26% dichiara di avere una seduta ergonomica, il valore scende al 14% nel caso del piano di lavoro ad altezza regolabile e all’11% per i poggiapiedi.

Lavorare da remoto può voler dire ottimizzare il tempo per dedicarsi ad attività domestiche: l’89% del campione afferma infatti di approfittare delle pause per svolgere attività collaterali, tra le più diffuse cucinare (66%), occuparsi delle faccende domestiche (45%), della lavatrice (44%) e guardare la televisione (29%).

La comodità di lavorare da casa ha anche un possibile risvolto della medaglia che riguarda proprio i consumi energetici: il 49% degli intervistati ritiene che con questa nuova modalità lavorativa i consumi siano aumentati con conseguenze sulle bollette. Gli italiani si sono però subito attivati adottando contromisure come l’utilizzo di lampadine a basso consumo (59%), il maggiore ricorso alla luce naturale (per il 58%), , lo spegnimento del pc con distacco dall’alimentatore quando non è impiegato (44%) e l’ottimizzazione climatizzatori e di riscaldamento (42%).

L’indagine offre spunti di riflessione anche sull’impatto sociale della settimana corta (quattro giorni di lavoro a settimana) voluta dall’80% degli intervistati. Circa la metà del campione (48%) dichiara di avere figli, e nella maggior parte dei casi (66%) sono gestiti in autonomia o con l’aiuto dei nonni (24%), mentre solo l’11% si affida a figure esterne come baby-sitter o altre figure professionali, con una spesa media mensile di 115€. Tre intervistati su quattro ritengono che la settimana corta possa generare benefici, dando la possibilità di gestire con maggiore autonomia i propri figli. Tra le iniziative di welfare aziendale evidenziate dai lavoratori, le più comuni sono benefit di tipo economico, come l’assegno familiare (40% del campione), o di tempo retribuito, sotto forma di giorni di paternità e di permessi (34%).

Per quanto riguarda invece la cura di familiari anziani o con disabilità, il 35% degli italiani afferma di occuparsene da solo, contro il 65% che ricorre a un aiuto esterno. In particolare, chi riceve supporto conta su altri familiari (42%), mentre il 34% si rivolge a badanti, case di riposo o altre forme di sostegno, con una spesa di circa 540 euro al mese. Per l’85% degli intervistati ‘caregiver’ la settimana corta offre l’opportunità di curare i propri familiari con maggiore autonomia. Il bonus più offerto dalle aziende in questo ambito è la flessibilità (37%), seguita da ore di permesso (22%) e supporto psicologico (14%).

Per la cura domestica, solo il 13% del campione afferma di doversi rivolgere a professionisti, spendendo, in media, 107 euro al mese. Anche in questo caso la settimana corta viene percepita come un valido supporto, come dichiara l’80% degli intervistati. Avere un giorno libero in più, inoltre, permette di dedicare maggiore tempo al benessere personale, soprattutto per svolgere l’attività fisica (62%), ma fare anche gite e viaggi (54%).

Il desiderio di adottare la settimana corta coinvolge 4 intervistati su 5, con il 50% che si definisce “molto interessato”. Per ottenere il beneficio, i compromessi che i lavoratori sono più propensi ad accettare sono una maggiore flessibilità sull’orario di lavoro durante la settimana lavorativa (52%), un aumento della produttività durante i giorni lavorativi (47%) e un minor numero di pause (45%). In compenso, soltanto il 10% sarebbe disposto ad una leggera riduzione dello stipendio. La settimana corta viene vista positivamente come modalità per accrescere l’equilibrio tra lavoro e vita privata (72% del campione), la soddisfazione personale (63%) e il tempo di qualità da dedicare alla famiglia e agli amici. Tra gli aspetti critici si segnalano l’aumento del carico di attività durante i giorni lavorativi (51%), la maggior pressione e stress associato al raggiungimento degli obiettivi (37%) e i problemi di coordinamento (27%).