Galleria fotografica

Chi entra in un supermercato per fare la spesa, difficilmente resterà immune alla “shrikflation”. Non è un virus, non influisce sulla digestione e il metabolismo ma in compenso alleggerisce il portafoglio. La definizione, un complicato termine inglese che mette insieme “shrink” (restringere) e “inflation” (inflazione), consiste in un’operazione commerciale quasi impercettibile all’occhio umano: ridurre le confezioni o peggio ancora il contenuto dei prodotti senza ritoccare il prezzo. In pratica, all’apparenza si spende la stessa cifra, ma per portarsi a casa meno merce del solito.

Una pratica scorretta e perfino subdola, ormai di uso comune nei supermercati di tutto il mondo, che da tempo ha messo sul piede di guerra decine di associazioni di consumatori e a cui i colossi dell’alimentazione – convinti di passare inosservati – rispondono arrampicandosi sugli specchi: le porzioni ridotte sono un beneficio per la salute. E soprattutto per i loro conti correnti.

La battaglia alla shrikflation si è fatta particolarmente aspra in Francia, dove proprio in questi giorni il colosso della grande distribuzione “Carrefour”, presente anche in Italia, ha deciso di prendere una posizione assai dura e polemica contro il fenomeno, schierandosi dalla parte dei consumatori. Un’iniziativa di trasparenza verso la clientela e al tempo creata per fare pressione sulle aziende coinvolte, sicuramente poco felici di essere additate come scorrette.

In pratica, grazie ad una vistosa etichetta arancione che li segnala, i clienti saranno in grado di individuare facilmente i prodotti soggetti a shrikflation fra gli scaffali dei supermercati Carrefour. L’iniziativa, commentata dal CEO dei gruppo Alexandre Bompard, è stata varata perché è una politica “inaccettabile quando c’è un’iperinflazione e i francesi soffrono”.

Sull’etichetta di color arancione, si legge chiaramente “Questo prodotto ha visto diminuire il suo peso e aumentare il prezzo praticato dal nostro fornitore. Carrefour si impegna a rinegoziare il prezzo”. Fra i prodotti segnalati le capsule “Dolce Gusto” della Nestlè, le patatine “Lay’s”, la maionese “Amorea” e il tè freddo “Lipton”.

All’iniziativa Carrefour si sono accodati anche i board di altri colossi della grande distribuzione come la filiale francese di “Lidl”, che ha dichiarato di aver già provveduto a sospendere la vendita dei prodotti accusati di shrikflation. Per tutta risposta si è mosso anche il Ministero dell’Economia, al lavoro per introdurre una legge che obblighi le aziende a evidenziare sulle confezioni qualsiasi variazione di peso del contenuto. “L’accordo – ha commentato il ministro dell’economia Bruno Le Maire - prevede che i prezzi di 5mila prodotti smettano di aumentare, o addirittura diminuiscano entro la fine dell’anno. Ad agosto in Francia i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati dell’11,1% rispetto all’anno precedente, un aumento più lento rispetto a luglio ma comunque significativo”.

E in Italia? Al momento Carrefour non accenna alla possibilità di applicare la regola dell’etichetta anche nei supermercati italiani. E, sempre al momento, null’altro si muove.