Nikolas Cruz, Travis Reinking, Salvador Rolando Ramos. Sono i nomi di tre dei killer autori di alcune delle più insensate, sanguinarie e devastanti stragi che hanno costellato la storia americana degli ultimi anni. Il primo, il giorno di San Valentino del 2018 ha ucciso 17 persone alla “Majority Stoneman Douglas High School”, il secondo – pochi mesi dopo – ha aperto il fuoco a Nashville, Tennessee, uccidendo 4 persone. Il terzo è l’autore del massacro alla “Robb Elementary School” del 24 maggio 2022, costata la vita a 22 persone. Ad accomunarli, a parte la follia, c’è una sigla inquietante: “AR-15”.
È il nome del fucile semiautomatico più diffuso negli Stati Uniti perché pratico, leggero e versatile: secondo la “NRA” (National Rifle Association), la potente lobby delle armi, nei soli Stati Uniti ne circolano 8 milioni. E la cifra basta a mettere un brivido lungo la schiena.
Ma per quanto perfetto, l’AR-15 ha sempre avuto un grave difetto: troppo pesante per i bambini. Così, per colmare la lacuna, un certo Eric Schmid, proprietario della “Weel Tactical”, ha presentato allo “Shot Show 2023” di Las Vegas la versione per infante del temibile fucile, il “JR-15”, dove le due lettere sono sinonimo di “Junior”. Al momento, Schmid ha deciso di produrne soltanto un migliaio di esemplari, giusto per capire se la sua idea sarà un successo o un flop.
Il JR-15 è studiato per braccia piccole: calibro 22, chiusura bassa, calcio collassabile e regolabile in 7 posizioni, fornito di caricatore da 5 colpi (opzionale da 10), pesa meno di 10 kg, costa 400 dollari ed è l’esatta riproduzione -20% del mitragliatore di mamma e papà, spiegano sul sito, dove l’arma è raccontata come una delle più “care, grandi tradizioni americane”.
A tentare di fermare l’arrivo del JR-15, insieme ad un’infilata di armi (vere) sempre più alla portata di bambini - uno dei target più promettenti e ancora tutto da esplorare - ci aveva pensato perfino Nancy Pelosi, ex speaker della Camera, parlando di “livello della follia in caduta libera”. Il resto l’ha fatto la lobby delle armi, che forte delle valigiate di dollari con cui finanzia le campagne di decine di politici americani, non ha neanche avuto il minimo dubbio che qualcuno a Capitol Hill si mettesse in testa di fermarne la diffusione. Anzi, c’è chi è arrivato a dire che se qualche altro ragazzino, nelle scuole epicentro delle stragi, avesse avuto in cartella uno di quei fucili, forse i morti sarebbero stati meno. O di più, difficile dirlo con certezza. Ma in fondo, per capire l’impatto delle armi fra i giovanissimi, più che le opinioni bastano i dati: dal 2020, la prima causa di morte per bambini e adolescenti americani sono diventate le armi da fuoco, lasciando al secondo posto gli incidenti stradali.