Tasse, balzelli e aumenti smisurati di gas, elettricità e carburanti? Calmi, perché il meglio deve ancora arrivare, ma ovviamente se ne parla molto poco, per evitare che chi può farlo corra ai ripari.
Nelle ultime settimane dello scorso anno, quasi in sordina, WindTre e Tim hanno annunciato di riservarsi la possibilità di applicare aumenti alle tariffe legati all’inflazione. La stangata scatterà dalla prima metà del 2024 e interesserà tutta la clientela attraverso la clausola della “modifica unilaterale del contratto”. Quella che in pratica impedisce al cliente di accettare o meno attraverso il recesso gratuito.
Tradotto in soldoni, significa aumenti improvvisi e spesso sconsiderati delle tariffe di rete fissa e mobile, ufficialmente a compensazione dell’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime. Ma è abbastanza scontato che dietro alla manovra silenziosa si nasconda un deciso aumento dei guadagni: Tim, attraverso le parole del proprio l’amministratore delegato, ha valutato in una crescita dei ricavi pari a 50 milioni di euro. Non male.
Ufficialmente, “la società informa che, a partire dal 27 novembre 2022, le proprie offerte di rete fissa e mobile potranno prevedere l’adeguamento annuale dei prezzi all’andamento dell'inflazione, incrementato di un coefficiente di maggiorazione predeterminato. Ciascuna offerta interessata sarà caratterizzata da una chiara indicazione sulla presenza del suddetto meccanismo di adeguamento annuale dei prezzi, unitamente ad una compiuta descrizione delle relative modalità di applicazione. Per le offerte in cui sarà previsto l’adeguamento dei prezzi, il costo mensile aumenterà ogni anno in misura pari all'indice di inflazione (IPCA) rilevato dall’Istat, non tenendo conto di eventuali valori negativi, maggiorato di un coefficiente fisso pari a 3,5 punti percentuali. L’aumento complessivo, dato dalla somma dell’IPCA e del coefficiente di maggiorazione, non potrà comunque superare il valore del 10%”.
Tutto si lega all’inflazione, la bestia nera delle economie mondiali, ma attenzione: in questo momento è alta (a dicembre +11,6%), ma se mai scendesse, a guadagnarci non sarebbero mai e poi mai gli abbonati. Ma questo, forse non era neanche il caso di aggiungerlo. E non ancora contente, le compagnie aggiungono un coefficiente fisso.
A ruota, al trenino si è aggiunta WindTre: “Il Cliente prende atto e accetta che, da gennaio 2024, in caso di variazione annua positiva dell'indice nazionale dei prezzi al consumo Foi rilevata da Istat nel mese di ottobre dell'anno precedente, WindTre ha titolo di aumentare il prezzo mensile del Servizio di un importo percentuale pari alla variazione di tale indice o comunque pari almeno al 5% ove tale variazione fosse inferiore a detta percentuale. L’adeguamento, applicato entro il primo trimestre di ciascun anno, non costituisce una modifica contrattuale ai sensi dell’art. 13 delle presenti Condizioni di Contratto e, pertanto, non conferisce al Cliente diritto di recesso senza costi dal Contratto”.
Wind avrebbe previsto la possibilità di recedere senza penali entro il prossimo mese di marzo, prima che entri in vigore la tariffa, mentre Tim è rimasta sul vago, anche se il Codice del consumo dovrebbe garantire l’opzione. Al momento, Iliad pare escludere l’adeguamento dei contratti, mentre Vodafone avrebbe preso tempo per decidere.
Le maggiori associazioni dei consumatori (Adiconsum, Adoc, Federconsumatori, Cittadinanza Attiva e Udicon) sono sul piede di guerra e annunciano battaglia, chiedendo al Governo un intervento (che ancora non si vede all’orizzonte) e alle autorità di verificare innanzi tutto se gli aumenti improvvisi, furbamente catalogati alla voce “modifica unilaterale del contratto” non diano diritto al recesso. Per finire, c’è chi non esclude (e spera) in un’indagine dell’Antitrust.