Non c’è nulla come riscoprirsi cittadini di una meta turistica, che colpisca di più i torinesi. Così talmente abituati da essere riconoscibili nel mondo per due motivi, la Juventus e la Fiat, finiscono per raccontare con un pizzico di orgoglio ad amici e parenti che “oggi il centro era pieno di turisti”.
Non è andata sempre così, ovvio: per decenni, da queste parti la gente ci capitava per lavoro, perché costretta, per coincidenze di viaggi o poco altro, ma bastava già un piccolo assaggio per portarsi a casa l’idea di un posto “diverso”. Una grande città ma dall’aria austera, degli abitanti gentili, ma senza essere caciaroni, una cucina che da sola merita il viaggio. Poi, quand’era ora di scegliere, tutti a Venezia, Firenze, Siena, Napoli o al massimo Milano, che ha la moda e profuma di soldi. E i torinesi al palo.
Poi, dalle Olimpiadi 2006 qualcosa ha iniziato a muoversi, trasformando sempre di più Torino in una meta alternativa che non avrà vestigia e ruderi come altre località, ma dove si respira il fascino discreto della borghesia sabauda.
Oggi, incrociare turisti armati di mappa in giro non fa più notizia: il tutto esaurito di alberghi e ristoranti nel recente ponte del 2 giugno l’ha dimostrato ampliamente. Così come le code al Museo Egizio, a quello del Cinema o con lo sguardo all’insù in piazza San Carlo, con Emanuele Filiberto a cavallo in mezzo.
Tutto questo per dire che Torino l’ha fatto un’altra volta: ha colpito e affondato un quotidiano straniero come il “The Guardian”, che ha dedicato alla città della Mole l’ennesimo lungo reportage definendola “un’imperdibile capitale europea” che nulla ha da dividere con lo stereotipo di città triste, cupa e post-industriale. Anzi, Torino ha un vanto in più: malgrado i tanti motivi validi per renderla una meta appetibile, non spaccia “nulla di artificioso”. Una città “autentica e vissuta”, zeppa di bellezze come piazza San Carlo, di dimore nobiliari dalla bellezza folgorante e di innumerevoli palazzi storici protetti dall’Unesco.
Nel lungo articolo si menzionano il mercato di Porta Palazzo, le OGR, il Museo Egizio e quello del Cinema, il Teatro Regio e per finire le specialità della tavola, imperdibili per dire averla davvero vissuta: agnolotti, vitello tonnato, bagna cauda. Da non perdere, fra le indicazioni del Huardian, il Jazz Club Torino, Hiroshima Mon Amour, l’Auditorium Rai e La Pista 500.
“Non avrete dubbi di trovarvi nel cuore di quella che fu una grande capitale europea. Non è il tipo di città che si aggrappa a un momento del suo passato. Non troverete centurioni in posa con i turisti o bancarelle che vendono maschere di carnevale a buon mercato. A differenza di molte altre città d’Italia, Torino è troppo impegnata a scrivere il suo futuro”.
Presentata così, perfino ai torinesi, se non vivessero da queste parti, verrebbe voglia di farci un salto.