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Nel Piemonte rurale, tra i pascoli disegnati nelle pieghe collinari in provincia di Cuneo, da centinaia di anni la comunità di allevatori della razza bovina locale rende viva la tradizione della transumanza. Nel documentario, in onda venerdì 4 ottobre alle 16.00 circa su Rai Tre,Massimiliano Ossini è il narratore d'eccezione di questo viaggio intrapreso da uomini, donne e animali che percorrono gli alpeggi per raggiungere le quote. Il racconto si snoda attraverso il percorso di ricerca che Ossini compie sul territorio. Scopre tradizioni, usanze, metodi di selezione e allevamento innovativi, diventando parte di una grande comunità genuinamente legata al passato, ma con lo sguardo rivolto al futuro. Altro grande protagonista del documentario è il territorio, che grazie alle storie di famiglie di allevatori e malgari, svela il segreto ancestrale delle sue radici.

“Transumanza: il ritorno a casa, di Sara Catalini, Fedora Sasso e Gianfranco Anzini, produttore esecutivo Claudio Baldino, regia diFedora Sasso – in onda venerdì 4 ottobre alle 16:00 circa su Rai Tre - è un film corale che attraverso le vite di centinaia di nuclei familiari e decine di migliaia di capi di bestiame conduce il pubblico alla riscoperta di un retaggio eterno.

“Con la realizzazione del docufilm ‘Transumanza’, Rai Documentari ha fornito agli allevatori piemontesi un’opportunità straordinaria: presentare a un grande pubblico quella che è la più consistente forma di transumanza a livello nazionale - afferma Andrea Rabino, presidente Anaborapi - Associazione Nazionale Allevatori Bovini Razza Piemontese - in Piemonte, ogni anno, oltre cinquecento famiglie si spostano in montagna portando in alpeggio circa 70 mila capi, il 30% di tutta la razza piemontese”.

Le tradizionali date di monticazione e demonticazione, rispettivamente San Giovanni e San Michele, negli ultimi tempi, si sono ampliate grazie alle possibilità di trasportare gli animali alle medie quote anche in conseguenza ai cambiamenti climatici.

“Nonostante i malgari siano saliti e stiano scendendo con qualche nevicata – continua Rabino - la stagione 2024 è andata decisamente meglio rispetto all’annata precedente. Ci sono state sufficienti precipitazioni per far crescere abbondante erba, gli animali stanno rientrando in pianura in ottima forma. A detta di molti però non bastano le buone condizioni degli animali a garantire un adeguato riscontro alle fatiche dei margari. Restano le problematiche derivanti dagli elevati costi per gli affitti degli alpeggi, il problema dei predatori, le condizioni di viabilità e accesso ai pascoli che devono essere migliorati e non ultimo il prezzo di vendita dei vitelli che, accanto ad una limitata produzione di formaggi di alta qualità, rappresenta la principale e unica entrata degli alpeggiatori. La nostra associazione ha fornito a RAI Documentari, che ringrazio di cuore, tutta l’assistenza e il know-how possibile per la realizzazione del docufilm. Abbiamo bisogno di far conoscere, anche al di fuori del nostro mondo, quella che è un importante realtà produttiva che contribuisce in modo determinante al mantenimento del nostro ecosistema alpino e garantisce la presenza dell'uomo sulle nostre montagne”.

LA TRAMA

In Piemonte, dove viene allevata una razza bovina particolarmente pregiata chiamata ‘piemontese’ o fassona, esiste una tradizione di transumanza bovina che rimanda a un intero significativo mondo di allevatori. Quasi tutti discendono da famiglie dedite, da generazioni, all’allevamento. I loro nonni e bisnonni spesso abitavano proprio in alta quota, e quando le condizioni di vita in inverno lassù diventavano proibitive sia per le persone che per le bestie, c’era questa consuetudine di scendere con le piemontesi in pianura, per trascorrere i mesi invernali dove il clima era meno crudele. Ma poi d’estate si riportavano gli animali in quota, e si tornava a casa.

Oggi quelle famiglie abitano in cascine di pianura. La loro vita però continua a svolgersi in due fasi: da ottobre a giugno le fassone rimangono in stalla oppure vanno al pascolo nei terreni intorno alle cascine. Mentre in primavera inoltrata arriva il momento della transumanza, con decine di migliaia di animali che si spostano nei pascoli alpini, in un percorso di uomini e animali che alcuni allevatori vivono come fosse un ritorno a casa.

Matteo Landra, giovane allevatore e malgaro, a Borgo San Dalmazzo si prende cura dei suoi animali assieme ai propri familiari: il padre, lo zio, il fratello, la cugina e il cugino. La gestione sanitaria delle loro fassone è affidata al veterinario Enzo Aime, anche lui cresciuto in una famiglia di allevatori. Così come vive in una grande cascina familiare Arianna Bertola, giovane allevatrice che assieme alla famiglia manda avanti un’azienda vicina a Morozzo.

Siamo in provincia di Cuneo, a Carrù, e qui c’è il consorzio degli allevatori dei bovini di razza piemontese, l’ANABORAPI. Guido Garnero, responsabile valutazioni dei tori, si fa portavoce e racconta tutto il lavoro di selezione e miglioramento che da decenni viene fatto nel Centro di Carrù per conservare e migliorare la razza piemontese. Tutto passa attraverso i tori, che vengono individuati, scelti, cresciuti. In moderni laboratori, il seme dei tori selezionati viene raccolto, e conservato. I tori e il relativo seme vengono a scadenze regolari presentati e proposti agli allevatori.

Il Centro Tori realizza anche un dettagliatissimo albero genealogico: dagli anni ’60 infatti, ogni capo di bestiame che appartiene alla razza bovina piemontese, viene certificato, cioè minuziosamente descritto e catalogato nelle sue caratteristiche e nella sua discendenza dal toro e dalla mucca che lo hanno generato.

Tutto questo grande racconto lo raccoglie Massimiliano Ossini in veste di scrittore, alla ricerca di spunti ed elementi per un nuovo libro che sta scrivendo sulla transumanza. In questi luoghi, e a contatto con queste persone, Ossini troverà tante vicende e tanti spunti, traendone l’idea che allevare oggi significa svolgere un’attività moderna, nei suoi aspetti tecnici, economici e scientifici, e attuale nelle sfide che ogni allevatore deve fronteggiare, come le insidie determinate dai cambiamenti climatici, oppure i cambiamenti sociali ed economici dovuti allo spopolamento delle aree di montagna e delle relative attività.

Eppure, Massimiliano Ossini non potrà non accorgersi che il simbolo stesso del Centro Tori di Carrù si ispira a graffiti rupestri preistorici, ancora visibili a migliaia in alcune aree alpine dove gli allevatori ogni estate conducono i propri capi di bestiame al pascolo. Raffigura una testa taurina stilizzata, che richiama direttamente al mondo ancestrale dei nostri antenati preistorici, che in quelle valli, come in tutta l’Europa, migliaia di anni fa erano già dediti alla pastorizia.

Le aree geografiche raccontate nel documentario percorseMassimiliano Ossini sono Borgo San Dalmazzo (azienda Landra), Caraglio (casa Enzo Aime il veterinario), Carrù (casa della Piemontese e Anaborapi e Porte Aperte), Cuneo, Genola (selleria Abbona), Limone Piemonte (partenza Transumanza), Casterino Francia (arrivo Transumanza), Madonna dell'Olmo (Arap), Mondovì (primavera Piemontese) e Morozzo (azienda Bertola).