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Sarà che la vacanza significa barattare 15 giorni scarsi con 11,5 mesi di lavoro, ma ogni volta che arriva l’ora di partire scatta una sindrome non ancora riconosciuta dalla psicanalisi, ma che prima o poi andrà affrontata. Si chiama “Vacansia”, ed è inutile spiegarne la composizione.

Quel che più importa è che la vacansia sta diventando, ad ogni nuova estate, il paradosso che più si adatta alla stagione.

In fondo, suggeriscono gli esperti, l’ansia è considerata “la condizione centrale della nostra epoca”, quella che è stata perfino adottata da un nuovo personaggio in “Inside Out 2”, il cartone animato che racconta le emozioni proprie del genere umano. Ecco perché in fondo la vacansia non è altro che la riproposizione in chiave estiva di uno stato psicofisico con cui conviviamo abitualmente, che proprio parlando di vacanze dovrebbe diventare un ossimoro, perché un conto è l’ansia quotidiana e un altro dovrebbe essere l’unico periodo dell’anno in cui alleggerire la mente dalle pressioni.

Ma non è così: la vacansia impedisce esattamente di godere degli effetti della vacanza rendendo difficile godersi relax e riposo senza provare la frenesia di dover fare qualcosa o controllare le email in arrivo, perché è così che siamo abituati. Una sindrome assai umana, che non permette di staccare la spina a comando per poi riattaccarla quando è ora.

Ovvio, c’è di mezzo la tecnologia in cui siamo immersi, che ci rintraccia a qualsiasi latitudine e diventa dipendenza, cancellando il buon, sano e salutare ozio, una delle condizioni di cui perfino Virgilio, nelle sue “Bucoliche”, ne aveva esaltato i benefici. Così, la vacanza diventa quasi una condanna al riposo, quello che dovrebbe servire a ricaricare le batterie e che non sappiamo più concederci, completamente perso nella frenesia di leggere sullo smartphone cos’è successo per il timore di perderci qualcosa.

Sempre secondo gli esperti, l’unico modo per sconfiggere la vacansia è di provare a disconnettersi da tutto, nell’attesa di un cambiamento culturale che presto o tardi arriverà, quando avremo digerito l’obbligo di vivere come esseri multitasking, che fanno due cose mentre pensano ad una terza. Solo allora, la vacansia andrà in soffitta, e finalmente potremo goderci quegli stramaledetti 15 giorni all’anno.