di Fabrizio Bertoldo - Canavesealcentro

Titolare dell’azienda con cui concretizza la passione per il mondo agro-forestale, Fabrizio Bertoldo collabora con il Parco Nazionale del Gran Paradiso e produce prodotti dal recupero di terreni abbandonati in montagna. Da sempre amante del territorio canavesano, ha fatto parte del gruppo scout di Cuorgnè per più di venticinque anni dove ha avuto modo di conoscere molte realtà in Italia e all’estero. A Sparone, dove vive, è presidente  dell’ associazione “La Motta” che promuove la storia arduinica. E’ convinto che il patrimonio storico e ambientale siano le carte giuste per creare una nuova identità territoriale, capace di dare slancio e nuova linfa al Canavese di domani.

Il mondo che stiamo vivendo oggi, dopo una pandemia e all’inizio di una guerra che ci lascia increduli, ha rivelato le falle di un sistema in cui l’individualismo e il successo personale contano più di ogni altra cosa. Il Covid ci ha tolto la socialità, i momenti con gli amici, gli scambi di opinione e le feste di paese buttandoci nella sicurezza della propria abitazione che però è diventata sempre più piccola e a volte scomoda. I fatti in Ucraina hanno tirato una sberla così forte da dover rivedere tante posizioni e notare la necessaria utilità di farsi forza tra gli Stati per contrastare l’orribile.  Insomma, nonostante tutto, abbiamo bisogno degli altri.

Anni fa rimasi colpito dal logo che Olivetti scelse per il suo movimento politico. Raffigura uncampana attorniata da un nastro con su scritto «Humana Civilitas». Fui affascinato dal simbolo della campana che suona e richiama. Nei racconti si sente spesso del richiamo delle campane per scandire le ore di lavoro, per spegnere un incendio o per sapere che la guerra è finita. Non feci caso alle parole scritte sul nastro, il simbolo della campana rapì la mia attenzione. Oggi però quel nastro riaccende in me la volontà di scoprire quella storia olivettiana, quindi canavesana, in cui due semplici parole vogliono dire tanto.

Vedendo i fatti che stanno accadendo sento il richiamo di quelle parole in cui si alza forte il significato dell’impegno civico, nel lavoro o nelle nostre passioni e penso che l’idea di Olivetti ritorni ancora più intensa. Quante volte, nelle associazioni del territorio, ci siamo detti di fare rete? Quante volte ci siamo resi conto che da soli avremmo fatto troppo poco per raggiungere l’obiettivo prefissato?  Forse in quei casi serviva qualcosa di più.

«L’idea fondamentale della nuova società è di creare un comune interesse morale e materiale fra gli uomini che svolgono la loro vita sociale ed economica in un conveniente spazio geografico determinato dalla natura o dalla storia». Così inizia «L’ordine politico delle Comunit» scritto da Adriano Olivetti, l’opera che racchiude il concetto di comunità e tutti principi di una nuova e completa visione della vita di un territorio o di uno Stato.

Oggi più che mai abbiamo bisogno della comunità, perché ci siamo resi conto che da soli è tutto più complicato. Da quelle più ampie sovranazionali fino a quelle più piccole delle frazioni e borgate dei nostri paesi. Ci serve collaborare, progettare, risolvere in un’ottica di senso civico rinnovata e consapevole. Ci serve pensare che vicino alla nostra comunità, ne troviamo una simile disposta a collaborare unendo intenti e aprendosi al mondo. Ci serve, se non altro per renderci consapevoli che il nostro Canavese è una comunità di persone che vivono e promuovono un territorio ricco di storia e potenziale. (www.canavesealcentro.it)