di Renzo Revello - Canavesealcentro

Canavesano da sempre. Born in the ‘50s, come una grande canzone dei Police. E come la canzone, dietro ad una facciata leggera ed accattivante, sensibilità. Ha lavorato in contesti internazionali con responsabilità in ambito industriale, commerciale e sportivo, interessato a numeri e persone, a contenuti ed immagine. Come ama dire, con grande fortuna ha potuto incontrare persone diverse in luoghi diversi, dall’archistar al campione di sport, dal busker londinese al contadino con cui condividere pensieri per l’orto. Prendendo un po’ da tutti, come diceva Bowie “I’m a mixer”. Con lo sport e la musica a fare da fil-rouge, e una spruzzata di cinismo ogni tanto, a bilanciare grande ottimismo e impegno nel sociale in ambiti diversi, sorridendo.

Pensando al Canavese, parte settentrionale della Provincia di Torino, mi torna in mente il fatto che nell’ambito degli Stati Generali del Turismo 2018 emersero quattro vocazioni principali come driver per la Regione: il turismo outdoor, il turismo enogastronomico, il turismo culturale e il turismo sportivo.  

Occupandomi di sport e intrattenimento, con le diverse contaminazioni legate a questi temi, non voglio addentrarmi in considerazioni legate alla cultura e all’enogastronomia, dove voci più autorevoli della mia hanno già espresso idee e realizzato fatti, cosa non trascurabile, negli anni.

In merito invece alla componente outdoor e sportiva vorrei spendere alcune considerazioni che ritengo utili per migliorare la cognizione di quanto può essere fatto e le valenze di queste due componenti generatrici di motivazioni attrattive. 

Partiamo dal fatto che l’area canavesana è definita come componente strategica per lo sviluppo turistico della parte nord della Provincia di Torino, pur con le ancora limitate offerte di sistema, essendo i diversi driver attrattivi ahimè ancora gestiti troppo secondo una logica campanilistica tipica del nostro territorio, e probabilmente essendo esso non ancora pienamente capace di presentare offerte che sappiamo, partendo da uno di questi driver, mettere in circolo anche gli altri. 

Si parla di circolarità dell’impresa, sia essa un’attività di business o ente, od associazione; si tratta di considerare sempre tutti i punti che compongono la circonferenza del cerchio. Se anche un solo punto manca, non si ha il cerchio e l’impresa non è nelle condizioni migliori per operare. 
Per questo tornano alla mente le cosiddette “viste logiche”, concetto manageriale che si sta riscoprendo, un po’ antesignano della necessità di vedere ogni progetto, ogni attività con la maggior parte dei punti di vista, dal fruitore in primis all’offerente, dall’ente pubblico agli erogatori di servizi ancillari. Oggi in un’ottica di marketing territoriale si debbono definire come punti di innesco multipli, cioè i generatori del bisogno che viene creato nel potenziale mercato target.
E qui se outdoor e sport sono i driver di cui parliamo, è evidente che i punti di innesco sono veramente molti, favoriti da una serie di caratteristiche del territorio che possono offrire vantaggi competitivi importanti, legandosi con gli altri due driver, cultura e enogastronomia, in cui il Canavese non difetta.

Partendo dalla parola outdoor e dalla sua connotazione in ambito turistico, certamente ampia seppur non precisa, il Canavese è da sempre il “verde Canavese”, ben adattandosi quindi ad ogni tipo di offerta outdoor. Vivendoci, e vivendo in una zona che ha fatto negli ultimi anni del turismo uno strumento di impegno per uno sviluppo, ho osservato come sempre di più soprattutto nei weekend si incontrino persone che apprezzano questi luoghi, semplicemente anche solo per “andare a spasso”. Capisci che non sono della zona dal fatto che li vedi arrivare in macchina e che si guardano intorno da forestieri, e capisci che a queste persone, che in realtà ti dedicano un paio d’ore, tu come territorio dovresti prestare attenzione, dargli di più, magari nulla di eclatante, magari solo qualche informazione visuale, in troppi casi oggi ancora carente. Magari proprio integrandola con informazioni su elementi attrattivi di prossimità degli altri driver, quello enogastronomico e culturale.

Perché se il tuo cliente-turista è lì, qualcosa conosce di te come territorio, ti ha già scelto per dedicarti il suo tempo, e se hai  il negozio aperto con i prodotti del luogo, se hai le tue dimore storiche aperte, se hai anche solo un banner che racconta qualcosa di te come paese, forse aumenti la sua attenzione, e la passeggiata, la voce outdoor del turismo va a sposarsi con un approfondimento culturale o culinario, d’acchito o generando lo stimolo per un ritorno.

Parlo di passeggiate, ma tranquillamente si può estendere quanto esposto prima a coloro che raggiungono i nostri paesi in bicicletta, quelli che non annoveriamo tra gli sportivi, ma quelli che sempre nei weekend si vedono sulle nostre strade gironzolare magari in coppia o con la famiglia.
Certo sono cose che abbiamo già sentito e detto più volte, ma dal sentire e dire si potrebbe passare al fare, e in questo caso non sono richiesti né investimenti né visioni strategiche ma soltanto un po’ di comunicazione mirata e spesso non considerata, o gestita in modo non professionale, dal “cuggino” di turno.

Guardando le cose dal punto di vista più strettamente sportivo, credo che si debba considerare come negli ultimi anni, pur con il macigno Covid nel mezzo, siano avvenuti dei miglioramenti importanti, soprattutto con eventi di portata nazionale e mondiale, come nel caso della canoa ad Ivrea ed ai suoi ricorrenti appuntamenti competitivi, ai campionati nazionali di Parapendio o internazionali di Canyoning, così come il ciclismo che ha portato diverse gare in linea di caratura nazionale a transitare nei nostri paesi e soprattutto il Giro d’Italia che anche quest’anno il 19 maggio vedrà la partenza della tappa 13 da Borgofranco verso Crans Montana in Svizzera.

Ma sarebbe riduttivo riferirsi solo a questi esempi, in quanto molte sono le occasioni di competizioni che hanno portato e portano persone sul territorio. Dobbiamo sottolineare che soprattutto le gare che hanno una caratura transregionale o ancor meglio nazionale o internazionale sono uno strumento importantissimo di visibilità in quanto la copertura mediatica oggi è amplificata dalla autodiffusione del messaggio, dove il protagonista inteso come turista è lui il mezzo di diffusione, e quindi il realizzare eventi sportivi importanti è essenziale per fare conoscere il territorio ad ampio spettro, soprattutto battendo sulla grancassa quando è ora, anziché, spirito sabaudo, mostrarsi infastiditi per uno o due giorni di mutamento nel nostro tran tran.

Dobbiamo però considerare, anche e forse in primis, tutte quelle altre manifestazioni meno eclatanti ma ugualmente importanti che fanno riferimento allo sport dilettantistico ed amatoriale. Certo la visibilità è minore ma il tessuto su cui insistere è molto ampio. A livello mondiale il turismo sportivo attivo, cioè quello costituito dai praticanti e dai familiari, è considerato una delle attività a più elevato tasso di crescita attesa. 
Ho voluto sottolineare anche la componente “familiari”: attività per amatori, over 40 o più, significa portare non solo il praticante al torneo di tennis o di calcio, ma anche probabilmente moglie o marito, e figli. Allo stesso modo sappiamo che lo sport giovanile vuol dire avere coinvolti i genitori del ragazzino o della ragazzina, e magari anche nonni, zii ecc.

E’ ovvio che se nella stessa domenica organizzo due eventi simili a tre chilometri di distanza, li cannibalizzo; e questo fatto, che succede troppo spesso, potrebbe/dovrebbe essere evitato con una programmazione di sistema territoriale, che così come dovrebbe coordinare gli eventi dei due driver tipici, cioè cultura e enogastronomia, fosse in grado di creare o quanto meno ottimizzare un calendario sportivo del territorio, per i praticanti e l’entourage che si portano appresso.