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di Giorgio Cortese

Ogni anno al XXV Aprile commemoriamo la Festa della Liberazione. Tutti noi siamo, oggi come allora, garanzia, sostegno e sentinelle della nostra democrazia. La guerra di Liberazione è il nostro Secondo Risorgimento, il primo Risorgimento è stato quello di Garibaldi, di Cavour, Mazzini, Cattaneo, Vittorio Emanuele II di Savoia  e tanti italiani che sono morti per realizzare l’Unita d’Italia.  Persone che giustamente ricordiamo e onoriamo anche con la dedica alle vie delle nostre Comunità.  

La Resistenza è stata il “ Secondo Risorgimento”, perché con la guerra di Liberazione i combattenti di allora hanno salvato l’Italia, dal baratro e dalla sconfitta a cui la bieca dittatura fascista l’aveva condotta.  Ogni anno, ricordiamo, il periodo di 20 mesi che vanno dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, della lotta armata, sapendo che quella lotta ha avuto le sue radici in quella Resistenza, anche passiva al fascismo durata, nel nostro Paese per tutto il ventennio.  Parlo della Resistenza degli antifascisti, bastonati a morte come il Favriese Matteo Tarizzo a Torino nel dicembre del 1922 e poi a tutti quelli processati e imprigionati dai tribunali speciali. Oggi, ricordiamo il sacrificio degli ebrei, degli oppositori politici, degli handicappati e degli omosessuali, deportati e sterminati nei lager nazisti, con la solerte complicità dei fascisti italiani. Oggi, ricordiamo tutti i combattenti per la libertà, morti sulle montagne e in pianura, dei militari che hanno combattuto nel ricostituito esercito di liberazione, delle vittime civili dei bombardamenti. Ecco la parola che rappresenta tutto questo: “Resistere a tutto, lottare per un mondo diverso e libero”, questo è stato il secondo Risorgimento Italiano, la solida base della nostra Unità nazionale, la base della nostra Costituzione, nata dalla vita dei martiri caduti per la Libertà.  

La guerra di Liberazione  è stata lotta contro il nazifascismo di un Paese che era stato fascista e alleato del nazismo, per 4 dei 6 anni di guerra.  Da questa lotta per la libertà è  nata l’Italia del dopoguerra con una nuova moralità pubblica.  Di questa lotta non dobbiamo dimenticare la lotta delle donne che hanno contribuito in maniera importante alla vittoria finale.  Dobbiamo ricordare ed essere grati a tutte quelle donne che davano soccorso ai combattenti braccati sui monti, nascondevano i combattenti nelle città e poi a rischio della loro vita portavano i messaggi ai vari raggruppamenti dei patrioti.  Un compito importante e ancora adesso poco messo in risalto. Secondo l’ANPI, furono oltre 35.000 le donne partigiane combattenti che imbracciarono un'arma e lottarono per la liberazione dal nazifascismo,  furono 4.653 le donne arrestate, torturate e condannate dai  tribunali fascisti; 2.756 le donne deportate nei lager tedeschi; ben 2.900 le donne giustiziate o uccise in combattimento; più di 1.700 le donne ferite e mutilate. Il ruolo delle donne nella Liberazione dell'Italia dal nazifascismo fu per molto tempo relegato a un ruolo secondario, una Resistenza taciuta, perché si declinava al maschile la lotta di Liberazione. Certo  erano gli uomini a combattere, a sparare, a ricevere medaglie, ma l’apporto delle donne, come già detto, come staffette è stato determinante. Vorrei citare oggi Carla Capponi, la combattente e vice comandante che  concorse alla liberazione di Roma.  Questa donna di origine marchigiana, nata  1918  dopo l’otto settembre si unì a un gruppo di civili armati e accorse come volontaria in prima linea nella battaglia per la difesa di Roma.

Alla Garbatella si unì a un gruppo di donne che stavano distribuendo cibo ai militari italiani. Finita la guerra con il grado di capitano, Carla Capponi fu decorata con la medaglia d’oro al valore militare per la sua lotta contro il fascismo e contro il nazismo.  Germana Boldrini aveva 17 anni quando lanciò il segnale che la sera del 7 novembre 1944 segnò l'inizio della battaglia di Porta Lame a Bologna. Pensate che il 10 agosto 1944 nacque il primo distaccamento di donne combattenti dalla brigata d'assalto "Eusebio Giambone" sull’Appennino. Oggi domandiamoci in questa Italia Repubblicana e democratica dove saremmo se fascismo e nazismo fossero prevalsi? In che baratro oscuro saremmo precipitati e sicuramente non saremmo qui a parlare. Oggi, c’è qualcuno che con una revisione storica di parte vuole annacquare la portata autentica e rivoluzionaria della Resistenza Italiana, e la Liberazione dal nazifascismo. Sicuramente, la Liberazione della nostra Patria o Paese avvenne con l’importante contributo degli Alleati, ma è altrettanto vero che, senza la Resistenza, anche dopo la caduta del nazifascismo, il nostro Bel Paese sarebbe rimasto diviso, sconfitto ed umiliato. L’Italia non avrebbe potuto sedersi al tavolo dei vincitori della Seconda guerra mondiale, come invece fece l’allora Presidente del Consiglio De Gasperi, dove nella conferenza di Pace di Parigi del 1946, rivendicò l’onore dell’Italia, la sua libertà e il suo diritto a restare libero per il sacrificio compiuto dai combattenti sui monti e nelle pianure, dal popolo italiano che aveva conquistato questo diritto.

Ricordiamoci che quella libertà per cui in tanti lottarono e morirono, non è compiuta e oggi è anche in pericolo. Non siamo liberi se una intera generazione di giovani ha solo un lavoro precario, instabile e sfruttato. Non siamo liberi se per costruire la pace si foraggia la guerra in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Non siamo mai liberi se non smettiamo di pensare con la nostra testa, se non difendiamo i diritti civili e i valori democratici. Siamo liberi se rispettiamo l’ambiente e gli animali, cioè tutto il creato. Non siamo liberi se permettiamo che alle donne vengano negata la pari opportunità, non è per questo che le donne hanno lottato per la libertà in tutti questi anni! Viviamo oggi in un tempo difficile e, per certi aspetti, anche pericoloso. Venti di guerra soffiamo anche vicino a noi, ricordiamoci che la democrazia così dolorosamente conquistata rischia di durare solo tre generazioni: la prima che la conquista, la seconda che la realizza e la amplia, la terza che la perde. Dobbiamo lottare perché non sia così. Dobbiamo lottare per difendere la nostra democrazia. (Giorgio Cortese)