di Giorgio Cortese
Spesso la parola educazione attira, nel significato comune, l’aggettivo “buona” e si propone come la norma del comportamento esteriore. È anche questo un elemento necessario nei nostri giorni così beceri e sgangherati. Tuttavia non è l’elemento capitale.
Per Cechov l’educazione significava masticare come si deve. Questo era il monito del padre, i figli masticavano bene, passeggiavano ogni giorno due ore, si lavavano a più riprese. Alla fine, però, divennero tutti uomini infelici e mediocri”.
Sì, perché l’educazione più importante è, come suggerisce la matrice latina del termine, educere, un tirare fuori da ogni persona le sue qualità interiori, facendo sbocciare quelle positive e tagliare le negative. L’educatore non è solo un Istruttore, «instruere» in latino è inserire dati nella persona, ma colui che estrae dallo scrigno della mente e del cuore del figlio o del discepolo i suoi valori, portandoli a pienezza.
E questo compito può essere realizzato solo se si ama l’altro e si desidera sinceramente la sua crescita come essere umano e non vani propositi stantii moralistici.