di Giorgio Cortese
Forse qualcuno che legge questa breve riflessione abita in via 3 o 4 novembre. E molti forse non sanno il perché. Davanti al Municipio di Favria troneggia la lapide dei caduti della Grande Guerra, ne abbiamo una in tutti i Municipi, dove se notate l’anno di morte di molti dei nominativi scolpiti sula pietra è: 1915 -1916 -1917-1918, gli anni della Prima Guerra Mondiale. Questa data 4 novembre 1918, è stata nella mia adolescenza una delle feste più importanti d’Italia tanto da stare a casa da scuola. Oggi, l’anniversario della vittoria dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale e la giornata dedicata all’Unità nazionale e alle Forze Armate.
Con il 4 novembre si ricorda il giorno in cui nel 1918 entrò in vigore l’Armistizio di Villa Giusti, che però era stato firmato il giorno prima, quindi il 3 novembre 1918, ecco del perché a Favria esiste la via 3 novembre. Con questo armistizio prese il nome dalla villa a Padova dove avvenne la firma, l’Impero Austro-Ungarico riconosceva la sconfitta della Guerra e concedeva all’Italia, tra le altre cose, i territori di Trento e Trieste. Questo documento di fatto sancì la fine della Prima Guerra Mondiale per il nostro Paese e anche la fine della Quarta Guerra d’Indipendenza.
La festa è stata istituita nel 1919. Nel 1922, poco dopo la marcia su Roma dei fascisti, la festa cambiò nome in “Anniversario della Vittoria”, per celebrare la potenza militare dell’Italia, a Favria venne data la cittadinanza, come in tutti i Comuni al generale Diaz, venne poi concessa anche a Mussolini e mai revocata, ma questa è un'altra storia. Nel 1918 per celebrare la vittoria Fausto Salvatori compose un inno dedicato alla città di Roma, riprendendo il Carmen saeculare di Orazio, che nato 2000 anni prima non era fascista. Poi il sindaco di Roma Colonna chiesa a Giacomo Puccini di crearne una composizione musicale completa, poi arrangiato per banda.
Successivamente venne adottato come inno del Msi e cosi cadde nell’oblio. Tornando al 4 novembre dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1949, il significato della festa è tornato quello originale, ridiventando la celebrazione delle forze armate italiane e del completamento dell’Unità d’Italia. Dal 1976 essa non rappresenta più un giorno festivo, ecco perché si lavora e si va a scuola. Ricordo che l’Italia era entrata in guerra nel 1915, ma l’esercito italiano però non si schierò al fianco degli Imperi Centrali, ruppe l’alleanza e si schierò con Francia e Inghilterra, con cui il governo italiano aveva stretto un accordo segreto, il Patto di Londra. Il 23 maggio 1915 quindi, il regno d’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico e schierò le sue legioni sul Carso e al confine con l’Austria.
La Prima Guerra Mondiale finì nel 1918 con la caduta di ben quattro imperi, Ottomano, Austro-Ungarico e Tedesco, più il caso particolare della Russia zarista, ma anche 17 milioni di morti, più milioni di feriti e mutilati. Il 4 novembre ci ricorda che il tricolore non è semplice insegna della nostra Patria. È un vessillo di libertà, di una libertà conquistata con il sangue, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della nostra millenaria storia e civiltà. W L’Italia evviva le Forse Armate.