di Giorgio Cortese
In queste afose e caldissime giornate estive ho preso il treno per andare a Torino. Salgo sul treno e trovo uno spaccato della nostra Italia. Dopo alcune fermate salgono sullo scompartimento un gruppo di ragazzi e ragazze, con un abbigliamento minimale giustificato dal caldo. Io indosso una maglietta leggera e canottiera, perché soffro l’aria condizionata, e pantaloni lunghi ed invido questi tre ragazzi e la ragazza che indossano alcuni di loro dei pantaloni sgambati, altri con pantaloni tagliati al ginocchio e per tutti la canotta d’ordinanza. Si siedono vicino a me, e quasi tutti hanno il corpo tatuato.
Non posso fare a meno di osservare, gli occhi sono fatti per vedere, e sulla pelle vedo dei tatuaggi, nelle parti a me visibili, magari anche tatuato nelle parti nascoste. Volti, oggetti, parole, frasi, disegni stradi simili ad arabeschi. Il loro parlare può sembrare rumoroso, ma è il vociare allegro della gioventù. Alcuni di loro hanno le cuffie alle orecchie e pertanto cercano di parlare con toni più alte della musica, che erompe nelle loro orecchie. Uno di loro mi saluta con un salvo, rispondo con un ciao accompagnato da un sorriso. Il vicino vede che ho un libro in mano e mi chiede cosa stavo leggendo, ed io con imbarazzo affermo che rileggevo “l’Isola Misteriosa” di Jules Verne. La ragazza alla mia destra afferma: “Letto l’estate scorsa, parla del nascondiglio di Nemo e del Nautilus”, riprende un ragazzo con un tatuaggio che penso sia una frase in inglese: “Certo, quello di Ventimila leghe sotto i mari.”. Mi domando allora toh e poi chi dice che i ragazzi oggi non leggono i romanzi classici della mia adolescenza. Prendo coraggio e chiedo dei tatuaggi, e loro con un linguaggio colorito e con qualche violenza alla sintassi ed il povero congiuntivo maltrattato, mi parlano dei loro tatuaggi.
Vengo così a sapere che queste mappe sulla pelle sono state incise pezzo per pezzo, ognuno dei quali rimandava a un’occasione, una storia o un avvenimento diverso. A un certo punto chiedo al più robusto, tipo palestrato, delle due croci che aveva sulle spalle? Lui di rimando con disarmante semplicità: “Non significano niente, mi piacciono e basta!” Alla ragazza chiedo dei fiori colorati incisi sull’epidermide dell’avambraccio e mi dice che ha fatto tatuare le rose in ricordo di sua nonna che le amava tanto, ed in sua memoria le ha fatti tatuare. Ecco che su questo scompartimento che stazione dopo stazione si avvicina a Porta Susa siamo uno spaccato dell’attuale società dell’Occidente, dove ormai sono sempre più numerosi i tatuati e i non tatuato, che sono numerosi quasi tutti sopra i cinquanta. Ormai i corpi tatuati, complice la bella stagione, e parti più scoperte di epidermide e si incontrano un po’ dappertutto, non ha nulla a che vedere con i tatuaggi tradizionali di società lontane.
Ad esempio, per gli aborigeni australiani il tatuaggio racconta una storia collettiva e il corpo individuale è la tavolozza su cui rendere viva e attuale una memoria che è di tutti. Oggi, la mi impressione è che i tatuaggi per molte persone, non per questo li giustifico, non sono più simboli, come scriveva nell’Ottocento il Lombroso, che servivano a riconoscersi tra carcerati o oggi nelle grandi periferie delle degradate megalopoli gruppi appartenenti alla stessa gang. Oggi per le persone che si tatuano vogliono affermare, scrivendo sulla propria pelle quello che vogliono o pensano di essere. Questi geroglifici sulla pelle fosse sono la rappresentazione di come oggi dove abbiamo raggiunto un livello inimmaginato di diffusione di notizie, con la possibilità, che da ragazzo esisteva solo nel film di fantascienza, di dialogare in luoghi lontani con le video chiamate, ma dove la malattia attuale è la solitudine permeata di autoreferenzialità. Oggi molti tatuaggi sono svuotati da quale simbolo significava all’origine e vengono incisi per la sola bellezza della forma.
Il treno è arrivato a Porta Susa, ho trovato piacevole viaggiare con persone che hanno una visione diversa dalla mia. Ognuno di noi ha un personale modello, che lo guida nelle sue scelte personali e nel dare un significato a ciò che accade. Il modello si basa su regole, valori, credenze, idee, attività e bisogni. Tutti questi sono del tutto personali e unici. Ognuno di noi ha i propri valori e parlare con chi ha valori diversi è arricchimento per tutti, insomma “ De gustibus non est disputantum, ovvero “i gusti non sono discutibili”, e questo teniamolo sempre a mente. Viviamo tutti sullo stesso pianeta con pensieri diversi e relative azioni perché gli esseri umani sono quello in cui credono. (Giorgio Cortese)