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di Giorgio Cortese

Riflettevo in queste calde giornate estive che il sogno è forse l’unico mondo in cui convivono quotidianità e tragedie. Gli oggetti di uso comune, come i  libri, quaderni e matite, si posano accanto ad animali feroci, bianchi cavalli e alle figure dei nostri cari che non ci sono più che ci sorridono e a volte ci rincuorano. Il sogno è un quadro surreale sempre in movimento che si compone con la naturalezza propria delle cose necessarie. Pare che tanti artisti, dalla  dimensione surreale del sogno, hanno creato dei dipinti come  Salvador Dalí. Allegorico è il  guanto pittorico di Max Klinger, che a sua volta ha generato Un guanto, canzone di Francesco De Gregori e in fondo che cosa è la sua Rimmel se non una robusta metafora dei sogni, dove si confondono “alibi e ragioni”? 

Il sogno è una fenditura che attraversa i millenni  dove dagli oracoli dell’antichità agli psicoanalisti dell’età moderna ne hanno dato un significato. Se ci pensiamo bene quello che ci accade in una notte è paragonabile a un viaggio nello spazio, nel tempo e nel corpo. Nel sogno possiamo tornare bambini, diventare animali, visitare il passato e il futuro, ammalarci e guarire, partecipare a mirabolanti imprese che poi al risveglio si dissolvono nei nostri ricordi come una bolla di sapone. Per Artemidoro il sogno era anticipazione del futuro, per Freud la conseguenza del passato. Lucrezio e Cicerone sminuiscono la portata divinatoria dei sogni, concentrandosi sulla qualità di residuo diurno che torna a visitarci nella notte. Al riguardo Cicerone scrive che: “Quando l’anima rimane sola per il sopore del corpo, rimane in stato di attività”. 

Eppure, ci sono dei sogni che sono stati riprodotti in pittura centinaia di volte e che hanno ispirato poesie e canzoni. Nella Bibbia il sogno di Giacobbe è uno di questi: forse per via della scala, metaforico punto di congiunzione tra terra e cielo, tra umano e divino. È in sogno che Dio gli appare e gli annuncia che sua sarà la terra sulla quale è coricato. E la scala è la perfetta formulazione dell’ambivalenza del destino: si può salire, ma anche scendere. Si può arrivare in cima al mondo ma si può cadere rovinosamente. Anche nel Corano si parla di una scala che apparve a Maometto: nei sogni tutto si ricongiunge. Le scale segnano i punti nodali dei film di un altro cultore dei sogni, Alfred Hitchcock: in Vertigo, uscito nel 1958, bellissimo anno,  in Italia uscì con il titolo La donna che visse due volte, James Stewart-Scottie insegue Kim Novak-Madeleine Elster sullo scalone ripido di una torre campanaria. Non rincorre solo la donna, ma anche il bisogno di sapere, di conoscere.  Martin Luther King, introdusse nel sogno una qualità nuova, concreta e possibilista con la famosa frase: “I have a dream today”, che però, paradossalmente, si riallaccia alla consistenza pragmatica e persino giuridica delle antiche divinazioni greche. 

Mi viene da pensare che certi sogni sono più concreti della realtà e mi permettono di assaporare sensazioni ancora più forti. L’abbraccio di una persona scomparsa, un dolore mai provato prima o la paura così tangibile da soffocare l’istinto a urlare. Ma allora è più vero un sogno o è più vera la vita?  Il sogno è una suggestione che ha sempre affascinato noi esseri umani, in ogni tempo e società oscillando tra due grandi punti di raccordo: mero riflesso della realtà e potente strumento divinatorio. Pare che non meno di mille siano i sogni fatti ogni anno da un soggetto adulto, e che quasi tutti siano dimenticati. Non è poi dato sapere quanti siano i sogni che vengono espressi a occhi aperti da ognuno di noi nel corso della vita. In conclusione quello che posso dire a tutti è di continuare a sognare per  vedere senza gli occhi, sentire senza le orecchie, pensare senza la mente, toccare senza il corpo, volare senza le ali. E poi alla fine se ci crediamo, i sogni si realizzano, ma non solo se siamo tenaci, ma anche se siamo disposti a faticare per vederli realizzati. I sogni quelli importanti hanno bisogno di tempo, ma sono le stelle più belle che il firmamento ci possa regalare ogni mattina prima del sorgere del sole.