di Giorgio Cortese
“Ficcare il naso”, “col naso nell’acqua”, “non ti fidare di quegli uomini che hanno due fori sotto il naso!”, “a lume di naso”, “far saltar la mosca al naso”, “meglio un naso storto che nessun naso” e vive meglio chi “ha buon naso” perché “a naso” si riconoscono le cose buone, si ottengono successi “bagnando il naso” agli altri. Il naso dunque non è solo al centro del volto, è una sorta di “luogo” al centro della nostra memoria, e delle nostre emozioni. Attraverso l’olfatto si capta l’essenza delle cose con immediatezza, senza passare attraverso l’elaborazione razionale. L’olfatto imprime nella nostra psiche una memoria che resta in modo indelebile con noi.
L’olfatto ci restituisce la possibilità di riconoscere le cose senza vederle e toccarle, ma captandone l’essenza, l’odore che da esse emana e che non dimentichiamo più. Più che in un album di foto, più che nel cassetto dei ricordi, la nostra storia è forse una memoria di odori. Gli odori si memorizzano nel cervello in base alle nostre scoperte ed esperienze. Possono essere buoni o cattivi in base al gusto personale di ognuno di noi. I profumi sono parte della nostra vita: ci ricordano, anche a distanza di anni, un istante preciso, una persona, un periodo della nostra vita, un’atmosfera particolare. Il funzionamento della memoria olfattiva è tale che i primi ricordi olfattivi che risalgono all’infanzia sono i più potenti nella loro capacità di suscitare delle emozioni gradevoli e anche i più facili da riattivare.
In effetti, le memorie olfattive non svaniscono mai e la loro forza dipende dall’importanza che ha avuto la situazione in cui l’odore è stato percepito nel processo d’apprendimento delle persone. Più antiche sono le memorie olfattive, più profonde sono le emozioni che risvegliano. I profumi sono “impressioni” che evocano emozioni, accompagnano lo spirito su ampi orizzonti, sono il primo indumento che si porta sulla pelle, parlano di noi, ci permettono di interagire con gli altri, aprono le porte della conoscenza lasciando un’impronta di noi che si ricorda nel tempo. Il profumo talora ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà. L’olfatto oggi tra i cinque sensi è stato certamente quello che più ha perso significato, dal punto di vista funzionale, nel corso dell’evoluzione della razza umana attraverso i millenni.
È noto come l’uomo primitivo, affidava all’odorato compiti importantissimi per la propria sopravvivenza, quali la difesa dai pericoli, la ricerca del cibo e l’eccitazione dell’appetito sessuale. E poi che cosa è successo? È successo che, condizionati da una mentalità visivo-acustica che per 2500 anni ha determinato il nostro modo di sentire e di pensare, abbiamo relegato l’olfatto fra i sensi minori. Oggi in un mondo asettico, plastificato, innaturale, simbolizzato dal “deodorante”, il nostro olfatto non poteva non perdere gran parte del suo primitivo potere discriminativo a causa del disuso e dei danni provocati dalle sempre più frequenti e violente aggressioni delle delicate strutture sensoriali ad opera di agenti chimici inquinanti. Ma è il disuso il principale responsabile della perdita di efficacia di questo importante senso della nostra vita. Secondo gli studiosi per noi esseri umani, i “sensi chimici”, come lo sono il gusto e l’olfatto, furono i primi a comparire nella scala evolutiva.
Oggi il nostro olfatto non poteva non perdere gran parte del suo primitivo potere discriminativo a causa del disuso e dei danni provocati dalle sempre più frequenti e violente aggressioni delle delicate strutture sensoriali ad opera di agenti chimici inquinanti. Ma è il disuso il principale responsabile della perdita di efficacia di questo importante senso della nostra vita di relazione inizia con il progredire della civiltà. I profumi rappresentati per lo più resine vegetali come l’incenso, che con la combustione, per fumum, liberavano composti volatili graditi all’olfatto. Il loro impiego, destinato dapprima solo a fini religiosi, si estese poi gradualmente, con intenzioni assai più profane, dai templi ai palazzi dei potenti e alle residenze delle classi più agiate.
Nella Bibbia è scritto che Mosé, costruendo il tabernacolo, bruciò sopra l’altare “il profumo degli aromi, come il Signore gli aveva comandato” (Esodo 40, 27) e innumerevoli bruciaprofumi, per lo più destinati al culto, fanno parte dei reperti archeologici di tutte le più antiche e più importanti civiltà, dall’Egitto alla Mesopotamia, dall’India alla Cina, dalla Grecia all’Etruria, a riprova della universalità di questo costume. Ai progressi compiuti nel corso dei secoli dall’arte della profumeria corrispondono altrettanti progressi nello sviluppo delle conoscenze anatomo-fisiologiche sull’organo dell’olfatto il senso dell’immaginazione.