di Giorgio Cortese
Cresce un po’ ovunque la malva, in piemontese la riundela, nei prati, ma anche nei luoghi incolti, vicino a detriti e macerie, dalle zone costiere alla montagna, fino a 1.600 metri di altitudine. Inconfondibile per i suoi fiori dai petali bilobati rosa-porporini, attraversati da striature più scure, e per la rosetta di foglie basali palmato-lobate portate da lunghi piccioli, è conosciuta soprattutto come pianta medicinale, per le sue virtù emollienti, calmanti e antinfiammatorie, ma può essere utilizzata anche in cucina. Il suo nome deriva dal termine greco malakos, che significa calmante e dolce, e dal termine latino mollire, che significa emolliente.
La malva fu una pianta molto usata sia dai greci che dai romani, a dimostrazione di ciò i pitagorici, ovvero gli appartenenti alla scuola di Pitagora, fondata a Crotone intorno al 530 a.C, considerarono la consideravano una pianta sacra. Qualche secolo dopo Carlo Magno 742 – 814 d.C., la volle come pianta ornamentale nei suoi giardini e la inserì come pianta obbligatoria nel suo Capitulare de villis. Nel nord Europa era una pianta considerata sacra anche dalle popolazioni celtiche, i celti credevano infatti che i suoi semi, posti sugli occhi dei defunti, avessero la capacità di scacciare gli spiriti maligni e che aprissero le porte del paradiso. In epoca medievale, la fama della pianta continuò, la malva divenne infatti un ingrediente indispensabile per tutte le pozioni del tempo, particolarmente indicata come calmante. Dalla scoperta delle sue proprietà è sempre stata considerata capace di lenire qualsiasi dolore.
Usata da sempre nella medicina popolare come emolliente, possiede in effetti numerosi costituenti come sali minerali, vitamine A, C e B1, tannini, ed è indicata secondo la moderna fitoterapia per curare stati infiammatori della bocca, nevralgie dentali, infiammazioni delle vie respiratorie, infiammazioni dell’apparato digerente e delle vie urinarie. nel XVI secolo la farmacologia moderna non esisteva, i medici si servivano delle piante e dei loro estratti utilizzando la Teoria delle Segnature, una “scienza” che permetteva agli uomini di individuare le piante e di associarle ai vari organi che avevano necessità di cura. Secondo la teoria delle Segnatura, il fusto della pianta munito di peluria era un chiaro indice del suo utilizzo, la malva veniva infatti usata per favorire la ricrescita dei capelli, inoltre le sue radici intere erano utilizzate come spazzolino da denti, mentre le radici accuratamente pelate venivano fatte masticare ai bambini durante il periodo di dentizione.
La dottrina delle Segnature trova riscontro anche al giorno d’oggi in quanto la malva è uno dei principali ingredienti per la preparazione di dentifrici, ma anche di colliri, di creme, e di saponi. nel XVI secolo la farmacologia moderna non esisteva, i medici si servivano delle piante e dei loro estratti utilizzando la Teoria delle Segnature, una “scienza” che permetteva agli uomini di individuare le piante e di associarle ai vari organi che avevano necessità di cura. Secondo la teoria delle Segnatura, il fusto della pianta munito di peluria era un chiaro indice del suo utilizzo, la malva veniva infatti usata per favorire la ricrescita dei capelli, inoltre le sue radici intere erano utilizzate come spazzolino da denti, mentre le radici accuratamente pelate venivano fatte masticare ai bambini durante il periodo di dentizione. La dottrina delle Segnature trova riscontro anche al giorno d’oggi in quanto la malva è uno dei principali ingredienti per la preparazione di dentifrici, ma anche di colliri, di creme, e di saponi. Infine nel linguaggio dei fiori e delle piante la malva simboleggia l’amore e la comprensione materna.