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di Giorgio Cortese

È possibile oggi sperare? La situazione è tale che la scritta posta da Dante sulla porta dell’inferno, “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, verrebbe collocata da molti all’interno dei reparti di oncologia quale benvenuto ai nuovi arrivati. Siamo così in preda all’ansia che avvertiamo il mondo come una nave alla deriva carica di disperazione destinata presto a sprofondare nei gorghi del nulla. Dominati da questi neri sentimenti, è logico che il nostro cuore si restringa e che noi ci rapportiamo agli altri solo in funzione del nostro interesse, lo sguardo avido, freddo, calcolatore: ritorniamo allo stato di raccoglitori-cacciatori, ma senza nessuna meraviglia originaria.

Io credo, però, che il compito del pensiero responsabile sia di opporsi a questa disperazione e per quanto mi riguarda nei reparti di oncologia quale frase di benvenuto per i nuovi arrivati appenderei quest’altra frase di Dante: “Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto”. Occorre tornare a coltivare speranza e ad avere fiducia nella navigazione nella vita. È un atteggiamento razionale? No, non lo è. Come tutte le cose esistenzialmente importanti della vita, anche questa scelta a favore della speranza non è “razionale”. Lo stesso vale per l’amore, l’amicizia, la passione, l’entusiasmo, il desiderio, l’ispirazione: nessuno di questi ambiti vive di sola ragione. Irrazionale, però, non vuol dire necessariamente falso, perché la verità non coincide sempre con ciò che è razionale, così da poter sempre essere afferrata e definita dalla ragione. È piuttosto l’esattezza a coincidere con il razionale, ma la verità è più dell’esattezza: è anche forza, energia, impeto, passione.

È questa condizione onniavvolgente della mente e del cuore a meritare il nome di verità, la quale, quindi, ha strettamente a che fare con la speranza. Senza speranza l’idea della verità sarebbe difficilmente concepibile, di solito si ritiene che la speranza sia un atteggiamento esclusivamente cristiano, ma non è vero. Gli antichi romani veneravano la dea Spes, le dedicavano templi e ne celebravano la festa il 1° agosto. Nel mito greco Prometeo è incatenato per ordine di Zeus, un’aquila gli mangia il fegato che di notte gli ricresce per poi essere nuovamente divorato. Prometeo prima del fuoco aveva donato agli esseri umani uomini le speranze, che sono dette “cieche” non perché fatue, ma perché la speranza per definizione non vede e non sa come andrà a finire e per questo, appunto, spera.

Ma per quanto cieca, essa è forte e conferisce forza, come si capisce dal fatto che lo stesso utilizzo del fuoco ne richiede la presenza. Non a caso Aristotele definiva la speranza il sogno di un uomo sveglio. Se uno nella vita quotidiana non spera, non potrà trovare l’insperabile. Speranza e fuoco, fiducia e tecnica, sapienza e scienza, devono tornare a essere strettamente connesse nella società e ancor prima nella singola esistenza. Quanto a tecnica, non siamo mai stati così forti. Se ritroveremo una speranza alla sua altezza, forse riusciremo a rivedere la nostra stella e a non fallire a glorioso porto. Con speranza Buona Pasqua a tutti Voi.