Galleria fotografica

AZEGLIO - Un gesto di solidarietà è spesso una goccia nel mare. Tuttavia, a forza di versare gocce, il mare si può anche riempire. Lo sanno molto bene due giovani sposi di Azeglio, nel cuore del Canavese: lo scrittore William Marras Nash e la compagna Vanessa Albino. Insieme hanno dato un aiuto determinante alla realizzazione di tre dormitori in Tanzania. Le strutture, che sono già un punto di riferimento sicuro per i bambini del posto, sono state costruite grazie ad una speciale donazione a cui hanno contribuito l'emergente autore canavesano con quanto ricavato dal libro «Spektre. Fantasmi in Afghanistan» e Vanessa con il suo lavoro.

Come è nata questa iniziativa solidale? «Questa iniziativa è nata durante una semplice cena con la mia compagna durante la quale si parlava del più e del meno. Ad un certo punto, come risposta ad una domanda scherzosa, ci siamo prefissati l’obiettivo di trovare un modo per aiutare qualcuno che avesse davvero bisogno e di farlo senza passare attraverso associazioni che il più delle volte si tengono in tasca la maggior parte del denaro che viene donato - racconta William Marras Nash - Così il giorno dopo ho pensato al prete di Bollengo, Don Geofrey, che arriva dalla Tanzania. Dopo una telefonata dove chiedevo se conoscesse qualcuno che avesse bisogno di aiuto, al quale fare bonifici diretti, mi ha messo in contatto col Signor Moses Mzumbwe che aveva in progetto questi dormitori nella regione di Mbeya, senza però trovare i fondi per iniziare i lavori. Il giorno stesso abbiamo fatto il primo bonifico con il quale, e mi ha mandato le foto già la settimana successiva, ha comprato tutto il materiale, dal legno ai mattoni, per poter finalmente dare il via ai lavori».

Avete in programma un viaggio in Tanzania? Qual è la situazione là? «Non è ancora un vero e proprio programma ma sì, vorremmo andarci all’uscita del mio prossimo romanzo già in preparazione - aggiungono i giovani William e Vanessa - Crediamo che sia oltre ad un piacere, anche dovuto dato che a lavori terminati ci hanno onorato dando ai dormitori i nostri nomi. Questa è stata una sorpresa che ci ha emozionati moltissimo. La situazione là è esattamente come la conosciamo, ci sono i ricchi a cui non manca nulla e i poveri a cui manca quasi anche l’aria e purtroppo questi coprono il 98% della popolazione».

Ci raccontate qualcosa di voi? Qual è il prossimo sogno nel cassetto da realizzare insieme? «Mia moglie è una contabile formidabile, una di quelle che trova emorragie da milioni di euro nelle multinazionali e che ama mettersi in gioco, lavoro con il quale ha donato la sua parte - spiega William Marras Nash - Io invece ero un gommista con la passione per la scrittura ed ora sono invece uno scrittore che fa ancora il gommista forse per arrotondare o forse semplicemente per malinconia all’idea di abbandonare l’officina che è stata per anni la mia seconda casa. Ed è grazie al mio ultimo romanzo, “Spektre. Fantasmi in Afghanistan”, che ho potuto fare la mia parte di donazioni a questi piccoli orfani. Il prossimo sogno nel cassetto è quello di replicare all’incirca la stessa cosa ma aiutando, invece, una suora che porta il suo supporto in aiuto di altri bambini. tuttavia, per ora non dico di più, perché è ancora tutto da pianificare. Nel più lungo termine invece vorremmo creare una biblioteca nel nostro nuovo paese, Azeglio, per promuovere la bellezza e l’importanza della lettura e far capire a chi non ripone ancora fiducia in questo mondo meraviglioso, quanto in realtà leggere sia come un super-potere».

C’è qualche ringraziamento particolare che vi fa piacere fare? «In primis, io devo ringraziare i protagonisti del mio romanzo, che nel 2010 salvarono centinaia di bambini dalle grinfie dei terroristi, per avermi fatto capire che i primi ad aver bisogno di protezione e di un posto sicuro sono proprio i più piccoli - concludono William e Vanessa - Poi, certo non possiamo non ringraziare il buon Don Geofry che ci ha dato la possibilità di rendere concreto questo bisogno di aiutare, cosa che fino all’istante prima della telefonata, non era altro che un bisogno astratto e null’altro che verbale tirato fuori durante una cena tra due innamorati».