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CERESOLE REALE - Dopo il chitarrista e leggenda del rock, Tom Morello, un altro grande nome della musica internazionale è stato ospite in Canavese. Sabato scorso, 24 agosto 2024, Lou Marini, il sassofonista dei Blood Sweat & Tears e dei Blues Brothers era a Ceresole per un concerto al Palamila insieme a Enzo Zirilli e Gianluca Di Ienno . L’importante evento è stato realizzato grazie a Carlo Alberto Novaria, che ha curato anche la regia dello spettacolo. 

Ottant’anni, una vitalità invidiabile: Lou Marini ha suonato con i più grandi nomi della musica, da Lou Reed agli Aerosmith, da Diana Ross a James Taylor, ma il suo nome è legato ai Blues Brothers, il sassofono che nel celebre film degli anni ’80 svettava nelle melodie dei fratelli Jake and Elwood, vale a dire Dan Aykroyd e John Belushi.  

Grazie a Renzo Revello dei DiscoVintage abbiamo fatto due chiacchiere con il grande artista statunitense. Lou è stato un piacere averti qui nel parco del Gran paradiso, a Ceresole, e credo che tu abbia apprezzato il fatto di essere qui in un posto come questo: «Mi hanno detto che era un posto meraviglioso e stavamo venendo qui in macchina… spettacolare, fantastico, lungo il lago, bellissimo, e anche il teatro, bellissimo, insolito, molto intimo».

Penso che tutte le persone al concerto abbiano apprezzato due cose: una, che tu eri così vicno alla gente che si poteva sentire il rumore dei tasti sul tuo sassofono, e due che tu e i tuoi due colleghi mostravate un vero piacere di suonare e questo ha davvero emozionato la gente: «Mi è sempre piaciuto suonare e adesso che ho passato il tempo migliore, tutte le volte che suono penso a come sono stato fortunato. Quando vado al lavoro, dico a mia moglie: devo andare a suonare… Adesso che sono verso il termine della mia carriera, penso che ho sempre potuto suonare con grandi musicisti, e questo è così speciale e appagante, che lo penso sempre». 

Tu hai avuto il piacere di gustare, di vivere ogni tipo di musica: «Questa è una cosa che è avvenuta in modo naturale, ma io mi sono sempre detto che in ogni genere di musica che suonavo era importante onorare, portare rispetto, al genere di musica e allo stesso tempo portare qualcosa di me. Questo è impegnativo, non ci riesci sempre, ma ci ho sempre provato, e mi piaceva. Così come quando si registrava, magari a New York, negli anni settanta o ottanta, e magari alle 10 del mattino dovevi suonare qualcosa tipo Motown, a mezzogiorno dovevi suonare il sax con Clarence Clemons, e magari alle 3 dovevi suonare con una big band, e mi piaceva questa emozione di cambiare. Era divertimento puro». Ti ringrazio per il tuo tempo e vorrei un pensiero da parte tua per tutta la gente che vive qui in quest’area, il Canavese: «Quanto siete fortunati, è davvero bello».