COLLERETTO CASTELNUOVO - Sono giorni delicatissimi sullo scacchiere geopolitico europeo e mondiale, dove tiene banco anche e soprattutto il conflitto tra Russia e Ucraina, in corso dal febbraio 2022. Sulla vicenda è intervenuto con una lunga lettera di riflessione il sindaco di Colleretto Castelnuovo, Aldo Querio Gianetto, che ha preso carta e penna e scritto all'ambasciatore della Federazione Russa in Italia Alexey Paramonov e per competenza territoriale al Console Dmitriy Shtodin. Riceviamo e pubblichiamo la sua lettera:
«Ho ragionato a lungo sull’opportunità di scrivervi, ben consapevole del fatto che in un mondo di otto miliardi di persone le mie parole sono molto meno di una goccia nell’oceano, visibile quanto una candela accesa in pieno sole. Ma il mio spirito mi impedisce di tacere e per amore di libertà mi muove, spesso anche contro il mio interesse, anche quando la mia azione è pressoché inutile. E quindi questa è la mia goccia, la luce della mia candela, che idealmente vorrei raggiungesse i cittadini del vostro paese. La storia della mia famiglia è legata in un certo modo alla Russia. Mio nonno partì come ufficiale per combattere durante la seconda guerra mondiale, ordinato in un esercito che doveva andare a vincere e che invece venne fermato nei pressi del fiume Don. Si distinse combattendo duramente. Ferito dalla pallottola che un soldato russo gli inflisse sparandogli in faccia senza però ucciderlo, tornò in Italia e in quei mesi nacque mio padre. Negli stessi, se fosse rimasto ancora al fronte, come tanti altri italiani, avrebbe trovato la morte, a seguito della pesantissima sconfitta del suo reggimento. Mio padre non sarebbe mai nato e quindi io. Mio nonno svolse il suo compito con onore e fu decorato con Medaglia d’Argento al valor militare, ma era dalla parte sbagliata della storia. Esattamente nella stessa posizione, nella quale sembrano volerci riavviare nuovamente, sotto la mirabile guida di “nostra signora della guerra di Bruxelles”.
Posto che vorrei la pace e condivido il tanto disatteso articolo XI della nostra Costituzione, nella sua pura formulazione di rifiuto della guerra, mi trovo oggi a dover reagire in qualche modo per affermare che la deriva assunta dall’Europa e conseguentemente dall’Italia, contro il vostro Paese viene intrapresa non in mio nome. Farò delle affermazioni supportato da quanto segue. Da oltre 10 anni sono Sindaco di un piccolo comune della provincia di Torino e mi permetto di asserire che qualcosa di politica ho capito anch’io. Poco, ma quel tanto che basta per distinguere il politico che serve una nazione, da quei figuri che improvvisano quando si trovano sul palcoscenico, o che i burattinai calano dall’alto con i fili. Da oltre vent’anni sono imprenditore. Esserlo qui in Italia è veramente un’impresa, letteralmente, ardua e demoralizzante. Posso però dire che di economia e finanza un pochino mi intendo. Sicuramente riconosco quando un’azione viene intrapresa per ragioni economiche e cerco di individuarle. Ho prestato servizio militare in aeronautica, dopo gli studi universitari in biologia, e di come opera un apparato militare qualcosa credo di averlo imparato. Conosco le ragioni storiche e politiche per le quali vengono assunte le decisioni, e da quando si è esplicitato il conflitto che esisteva da tempo fra Russia e Ucraina, con fastidio ho ascoltato le inesattezze sottili e le verità artefatte che il nostro mainstream ci propina da anni, per questo e per tanti altri argomenti.
Ho sperato che la ragione e il dialogo prevalessero immediatamente ma così non è stato. L’Europa ha preferito allinearsi ciecamente agli Stati Uniti e tenere per tre anni un atteggiamento di chiusura, allerta, emergenza, contro il nuovo Nemico immediatamente identificato, anziché farsi operatrice di dialogo, analizzando i precursori di una guerra e lavorare ad un veloce disinnesco. La ragione è chiara: mantenere costantemente un livello di allerta ed emergenza, per esercitare un controllo sulle persone e fare business, accantonando i processi democratici. Mi è chiaro ormai che la nostra democrazia si regge sulla negazione del suo esercizio. In un mondo dove primeggiano industrie che producono armi e farmaci è evidente che l’uomo deve vivere possibilmente assediato da guerre e malattie. L’Europa sposa questa visione, e oggi si appresta a riarmarsi, consegnando alle future generazioni altri debiti, per profitto dei fabbricanti di morte, ma questo devo dirvelo; avviene senza il mio consenso.
Ho amici russi e amici ucraini e per loro particolarmente mi auguro che si raggiunga presto una pace. Perché soffrono. Anche noi, in forma assolutamente lieve, pagando il prezzo del sostegno delle singole parti in guerra, siamo in sofferenza, amplificando una crisi economica che si protrae da anni. Soffrono l’industria, l’agricoltura e il commercio. Ogni giorno gli amministratori dei comuni come il sottoscritto assistono a tagli e riduzioni di risorse destinate ai cittadini. Ma quando non ci sono i soldi per essi, se ne scoprono a profusione per le armi. Conosco bene le ragioni che hanno portato al conflitto in Ucraina e ora che i presupposti di dialogo fra gli Stati Uniti e la Russia sembrano concretizzarsi maggiormente, l’Europa va insensatamente alla deriva, in una economia di guerra. Ma non con la mia approvazione. Non ho mai voluto l’Italia in questa Europa fatta soltanto di finanza, di trattati e regolamenti, prodotti e imposti da una stanza cieca. Un’Europa senza spina dorsale, senza una costituzione approvata dai cittadini, che condivide soltanto una moneta fatta per i grandi capitali e le multinazionali. E basta. Non condivide nemmeno il formato della targa delle automobili e delle motociclette. Questa Europa non la voglio. Non mi rappresenta. Ci raccontano che è stata voluta per evitare la guerra fra le nazioni del vecchio continente, e oggi dopo il suo fallimento vuole trovare nella guerra il motivo della nuova aggregazione. Preferirei che l’Italia andasse per la sua strada. Credo che le identità nazionali non siano un male e che esse non rappresentino un ostacolo alla collaborazione e alla pace, esattamente come non credo che per vivere in armonia con una persona sia necessario sposarla. I trattati e gli accordi negoziati fra pari sono di gran lunga la forma più civile di accordo fra le nazioni.
Per questi motivi vorrei l’Europa dei popoli, della cultura e della storia, della tecnologia e della letteratura, quella di cui la Russia fa parte naturalmente. Recentemente in occasione della Giornata della Memoria ho dovuto correggere i miei figli, perché si propone una versione distorta della storia. Ho ricordato loro che l’Armata Rossa ha liberato i prigionieri nel campo di sterminio di Auschwitz, che la realtà non è esattamente quella dei film (ancorché meravigliosi) ,e che la Russia è la nazione che ha versato il più alto tributo di vittime durante la seconda guerra mondiale, per contrastare il nazismo. L’Italia invece, la sua dose di responsabilità per averla determinata quella guerra, dovrebbe a malincuore ricordarla e per altro tacere. Ma in questo mondo ora tutto è confuso e sembra che improvvisamente la Federazione Russa (curiosamente tacciata di avere un leader nazista) sia diventata il nuovo pericolo, il paese antidemocratico che deve essere fermato, e comunque relegato, sanzionato e offeso, come durante la guerra fredda. Altrettanto curiosamente l’accusa di non essere un paese democratico sovente vi viene mossa da un organismo europeo che nel suo funzionamento è tutt’altro che democratico… Ma vale la considerazione che ho fatto sopra. L’immagine del Presidente Berlusconi che aveva saputo far diventare l’Italia il luogo di incontro fra Russia e Stati Uniti, ha accompagnato il periodo bello della mia giovinezza e mai avrei creduto di dover riavvolgere così irragionevolmente la storia nell’arco di pochi anni. So di interpretare correttamente il pensiero di molti italiani quando affermo oggi, come il Presidente Berlusconi affermava ieri, che non considero il vostro paese una minaccia, anzi esattamente il contrario. Ringrazio il Presidente Putin che usò parole di stima e sincera commozione in occasione della sua morte, ricordando quel periodo. Conosco gli Stati Uniti che ho visitato per motivi di lavoro (fabbrico motociclette artigianali, che in larga parte utilizzano come base la meccanica del motore bicilindrico a V americano). Un paese al quale riconosco meraviglie e qualità. Altrettanto vorrei un giorno poter conoscere le meraviglie della Russia, visitare le vostre città e le vostre campagne fatte di interminati spazi.
Vorrei per i miei figli un incontro di popoli, di pace e di cultura, non di guerra e moneta. Un’Europa vera di Nazioni che si estende dall’Atlantico alla Siberia e che abbraccia, dall’Alaska alla Florida, gli Stati Uniti d’America. Per questa bisognerebbe lavorare. Per questa si accetterebbero sacrifici. Mi congedo con una riflessione e un augurio. Siamo granelli di sabbia che precipitano in un’immensa clessidra e tutto ciò che facciamo sta in quell’attimo di incontro che chiamiamo vita. Che questo sia un anno di incontro».