CUORGNE’ - La Città Metropolitana di Torino ha respinto il progetto presentato a fine 2024 dalla ditta rivarolese Scavi-Ter per l’apertura di una nuova cava destinata alla produzione di materiali inerti in località Deir, non lontano da frazione Campore di Cuorgnè.
Sul «no», comunicato dalla stessa amministrazione comunale, guidata dalla sindaca, Giovanna Cresto, con un post sulla pagina ufficiale del Comune, sono intervenuti anche i consiglieri comunali di minoranza, Danilo Armanni e Davide Pieruccini, e i rappresentanti del comitato canavesano «Non bruciamoci il futuro». «Lo stop alla riapertura della cava è un risultato dell’impegno e della presa di posizione di tanti: di cittadini, associazioni, consiglieri comunali e politica. L’amministrazione comunale ha evidenziato degli elementi, ma anche altri l’hanno fatto. Questo dimostra – spiega Davide Pieruccini di “Cuorgnè c’è” - che se si uniscono le forze e soprattutto si agisce con trasparenza nell’esprimere una contrarietà, decisa comunque da regole ben definite e che ogni amministratore dovrebbe conoscere, i risultati si ottengono. Il successo o il raggiungimento di un obiettivo comunitario è un elemento importante solo quando è un percorso condiviso con tante persone, anche con ruoli differenti, ma senza personalismi. Siamo felici per il risultato, ma le vittorie, quelle non condivise, le lasciamo volentieri ad altri. E’ chiaro che c’è stata una sorta di mancanza da parte di questa maggioranza. Non si può arrivare ad organizzare una serata illustrativa come quella svolta in Trinità con la ditta proponente. C’è una legge regionale chiara in materia, secondo la quale fino al 2032 in quell’area non si potrà fare nulla. Avrebbero dovuto dire di “no” immediatamente».
Soddisfatto dello stop al progetto cava anche il consigliere di opposizione del gruppo consigliare Moderati e Indipendenti, Danilo Armanni: «Abbiamo appreso di questa iniziativa imprenditoriale, di per sé legittima, solo a cose fatte, quando il procedimento era già in corso. Con tutto il rispetto per la ditta, un’attività estrattiva di questo genere noi la consideriamo per il territorio abbastanza impattante. Credo sarebbe stato necessario da parte dell’Amministrazione Cresto un maggiore coinvolgimento subito, appena arrivata la richiesta del privato, tutto il consiglio comunale, illustrando la situazione. Avrebbero dovuto darci voce. Alla fine nelle nostre osservazioni alla città Metropolitana abbiamo detto le stesse cose. L’elemento ostativo determinante è stato il fatto che la zona scelta per operare sia stata colpita da un incendio nel 2017, il che vieta di procedere, almeno fino al 2032, alla necessaria variante al piano regolatore. Se l’avessimo fatto notare tutti insieme nell’ambito di un’unica comunicazione avremmo fatto più bella figura. Prendiamo atto della sospensione della richiesta, almeno fino alla prossima richiesta di Valutazione di impatto ambientale. Vedremo poi cosa accadrà».
«Quando abbiamo appreso della richiesta della Scavi-Ter abbiamo verificato che si trattava di un progetto impattante da diversi punti di vista, quello paesaggistico, ma non solo. C’erano preoccupazioni anche sotto l’aspetto viario e di un potenziale rischio “amianto” in merito al materiale estratto dal sito - aggiunge Gianni Fragale dell’associazione “Non bruciamoci il futuro” – L’altro aspetto che ci preoccupa da sempre riguarda la comunicazione questo avvengono vicende simili. La cosa più trasparente che un’amministrazione comunale può fare è comunicare e dialogare con tutti, consiglio comunale e cittadini in primis. Questo perché si tratta di procedure con tempi molto ristretti. Se i cittadini non sono ben informati preventivamente rispetto all’atto del privato poi dopo non è più possibile fare nulla. Lo abbiamo già vissuto a Rivarolo nel 2005 con la centrale del Valle Susa, della quale inizialmente non se ne era parlato nel consiglio comunale. Dopo è difficile rimediare alle cose».