IVREA - Monsignor Luigi Bettazzi, 99 anni, 100 il prossimo 26 novembre, per 33 vescovo di Ivrea, uno degli ultimi padri conciliari viventi, è morto oggi domenica 16 luglio. Vatican News, il portale dell’informazione della Santa Sede, ricorda Bettazzi con un lungo articolo nel quale racconta i fatti salienti della sua vita. Alcuni dei quali davvero emblematici del tipo di uomo di chiesa che Bettazzi è stato.
«Si diceva fiero della sua missione di dialogo, Bettazzi. Fu questo a muoverne la mano, nel luglio 1976, per scrivere una lettera aperta ad Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito Comunista italiano, in cui si scusava per l’“ingenuità” del suo scritto ma affermava che era “legittimo e doveroso, per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini”. Bettazzi fu aspramente criticato per questo scambio di idee, rimasto tuttavia importante per la cultura politica italiana, segno anche della possibilità di ascoltarsi e comprendersi nonostante la profonda diversità dei mondi rappresentati».
Nel 1978 Bettazzi decise di offrirsi, insieme ad altri due vescovi, Clemente Riva e Alberto Ablondi, in ostaggio in cambio della libertà di Aldo Moro, appena rapito dalle Brigate Rosse. La trattativa non ebbe mai seguito, anche perché la Curia lo impedì. «Nel 2018, in sedia a rotelle e sotto un sole cocente, era a Molfetta alla Messa di Papa Francesco in visita pastorale nei luoghi di don Tonino Bello. Con un guizzo nei caratteristici occhi azzurri, raccontava ai giornalisti presenti di aver potuto stringere la mano a quel Papa argentino il cui magistero - affermava lui, tra gli ultimi partecipanti - proseguiva la linea del Concilio».
Noto ben oltre il territoro del Canavese per le sue lettere aperte a vari personaggi della politica, divenne innovatore (e discusso) sui temi del dialogo tra credenti e non credenti, della difesa dei diritti dei lavoratori, dell’obiezione di coscienza. Nel 1992 partecipò alla marcia pacifista organizzata nel mezzo della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina. «Voleva essere chiamato “padre”, in virtù dell’impegno preso nel Patto delle Catacombe, unico firmatario italiano insieme ad altri 42 vescovi principalmente dell'America latina, a realizzare una “Chiesa povera”, scevra da titoli, lussi e onorificenze», lo ricorda ancora Vatican News.