Galleria fotografica

LEVONE - Niente messa la notte di Natale: ci sono pochi sacerdoti e il piccolo centro del Canavese rimarrà con la chiesa vuota. Succede a Levone dove il sindaco Massimiliano Gagnor ha preso carta e penna per segnalare il problema direttamente al cardinale Roberto Repole che guida la diocesi di Torino (di cui anche Levone fa parte). 

L'amministrazione di Levone ha appreso la decisione da parte del parroco reggente la parrocchia di non celebrare la tradizionale Messa la notte della vigilia di Natale a seguito dell’iniziativa volta alla riorganizzazione a livello territoriale delle funzioni religiose nelle parrocchie che compongono l’Unità Pastorale. «Pur condividendo le tematiche connesse alla necessità di ottimizzare l’attività su un territorio molto esteso che comprende altre due parrocchie (Barbania e Rocca Canavese) - dice il sindaco - è stato rappresentato il disagio avvertito dalla comunità, religiosa e laica di Levone, già frequentemente penalizzata da decisioni sovraordinate di vario genere. Mantenere vivo un territorio significa offrire l’opportunità agli abitanti di considerare quel luogo la “propria casa”, non solo come perimetro geografico di residenza ma come concetto generale di appagamento delle proprie ambizioni. E il momento religioso in questa combinazione di elementi ha un ruolo fondamentale non solo per la spiritualità individuale ma anche e non di meno per la valenza aggregativa e sociale che quel momento riveste».

Insomma, vista la continua e concreta collaborazione che l’amministrazione comunale ha da sempre instaurato con i rappresentati dell’Unità Pastorale che si sono succeduti a Levone, è stato cercato un confronto su questa decisione che penalizza la comunità. «Questa iniziativa non è annoverabile in alcun modo ad una espressione di campanilismo, ma di un gesto di amore, cura ed attenzione per i Levonesi, soprattutto per le categorie più fragili - spiega il primo cittadino - lo spirito di una comunità, anche dal punto di vista dei valori cattolici, passa attraverso il senso di appartenenza, di aggregazione ed è ciò che ci ha sempre distinti per l’indubbia capacità dei Levonesi di aiutarsi nei momenti di difficoltà (ed aiutare il prossimo) e cercarsi nei momenti di gioia, come può essere quella che infonde il Natale. Se la nostra comunità non può condividere la gioia, nel medio periodo perderà la capacità di sostenersi, creando un impoverimento di valori e di volontariato nei momenti di necessità».

Per il Comune decidere di annullare la Messa della notte della vigilia non riveste i connotati di una aggregazione territoriale ma, contrariamente risulta fortemente disgregativa e nemmeno può essere considerata positiva se di carattere «itinerante», con l’ipotesi di far ruotare la medesima funzione religiosa del 2025 e degli anni a seguire, tra gli altri comuni dell’Unità Pastorale in modo da coinvolgere tutti senza discriminazioni. «In realtà questa ipotesi creerebbe ancora più difficoltà perché la conformazione urbana di Levone è commisurata al suo numero di abitanti così come anche la Chiesa di San Giacomo Apostolo che ha una capienza ben diversa da quella degli altri comuni che hanno più del triplo degli abitanti, con tutti i conseguenti disagi che ne conseguirebbero - dice Gagnor - nel fondamentale rispetto dei ruoli, è stato proposto di iniziare il lecito progetto di aggregazione territoriale partendo da funzioni religiose e attività più ordinarie in modo da poterne valutare con più serenità l’impatto sulla comunità e consentirne una metabolizzazione più graduale e meno traumatica senza però ottenere riscontro. Considerato che tale iniziativa troverebbe origine nelle disposizioni impartite dalla Diocesi di Torino, ho condiviso con il parroco l’intenzione di segnalare quanto sopra al cardinale Roberto Repole». E chissà se arriverà entro Natale una risposta positiva...