PAVONE CANAVESE - In attesa che la Regione si pronunci ufficialmente e venga convocata l'assemblea coi sindaci, pare che gli accertamenti tecnici voluti dalla Regione abbiano confermato la «classifica» che già l'Ires aveva stilato quasi un anno fa per la location del nuovo ospedale di Ivrea. Ovvero, l'area più idonea per un ospedale al servizio di tutto il territorio canavesano è quella ex Ribes a Pavone Canavese, ovvero a ridosso del casello autostradale di Ivrea. In attesa che i risultati delle ulteriori indagini vengano resi pubblici, la Coldiretti ha giocato d'anticipo ribadendo il suo sostegno all'area ex Montefibre di Ivrea, arrivata però seconda nella graduatoria dei siti candidati.
Per la scelta del sito più adatto al nuovo ospedale di Ivrea, Coldiretti Torino chiede che si tenga conto del rischio idrogeologico oltre che del consumo di suolo agricolo e della facilità di accesso. Coldiretti conferma, quindi, la richiesta di escludere l’area «Ribes» di Pavone Canavese dalle aree tra cui scegliere l’area di realizzazione del nuovo ospedale di Ivrea. «Dei tre siti selezionati – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici - l’area di Pavone è quella esposta al consumo di suolo agricolo e, soprattutto, al rischio idraulico, come sanno bene amministratori e agricoltori. Al contrario, le aree ex industriali Palazzo Uffici Olivetti e Montefibre sono indenni da rischi idrogeologici e soprattutto sono spazi dove non c’è agricoltura. Inoltre, da cittadini del territorio, aggiungiamo che sono inserite in zone più accessibili per i residenti di Ivrea e del territorio eporediese».
«La decisione sul luogo dove costruire il nuovo nosocomio eporediese deve essere presa considerando anche l’importanza di preservare al massimo la preziosa capacità del Canavese di produrre cibo di qualità. Il comparto agricolo è per l'eporediese un settore economico strategico che innesca filiere agroalimentari che oggi generano valore secondo soltanto all’industria elettronica e manifatturiera e che rappresentano bacini occupazionali importanti per un territorio che ha vissuto una preoccupante deindustrializzazione. Trattare i campi coltivati come semplici superfici facili da espropriare sarebbe un grave errore strategico», aggiunge Coldiretti.