CUORGNE' - Nei giorni scorsi è stata preentata a Cuorgnè la road-map del progetto di elettrificazione della linea ferroviaria Rivarolo-Pont. Si tratta di una tematica cara a Beppe Pezzetto, manager di lungo corso, già sindaco della città di Cuorgnè, promotore di Canavese al Centro (un luogo di confronto per parlare del nostro Canavese) ed anche presidente di una realtà che si occupa delle tematiche della mobilità sostenibile.
Da tempi non sospetti, infatti, Pezzetto è stato uno dei primi a credere e battersi perché anche l’alto Canavese possa avere una linea ferroviaria moderna che lo colleghi a Torino e quindi alla rete di trasporti nazionale. Aveva anche coniato il nome “Treno Paradiso” così da usarlo anche come brand per valorizzare un patrimonio importante per lo sviluppo turistico del territorio come quello del Parco Nazionale. Cosa ne pensa delle ultime novità legate all’avanzamento dell’elettrificazione della linea ferroviaria nel tratto Rivarolo – Pont Canavese? «La mobilità è da sempre un elemento fondamentale per lo sviluppo di un territorio nelle sue diverse declinazioni. È in atto un cambiamento culturale in tal senso importante che coniuga diversi aspetti, tra cui quello della sostenibilità; quindi, se quanto affermato si concretizzerà non posso che accogliere positivamente le notizie che ho appreso dagli organi di stampa - commenta Giuseppe Pezzetto - È un “treno” che non possiamo permetterci di perdere».
Perché lo ritiene indispensabile allo sviluppo economico di un territorio? «Perché è la storia che ci insegna che è così, e perché ancor più in questo momento insistono e fortunatamente vanno crescendo particolari condizioni e sensibilità che vanno in quel senso.
Se penso all’invecchiamento e allo spopolamento di alcune aree delle nostre valli, il poter offrire un servizio “metropolitano” che offra una valida alternativa al collegamento in primis con Torino diventa un elemento attrattivo per invertire la tendenza. L’abitudine spesso ci porta a dimenticare che viviamo in luoghi belli, ricchi di verde, di storia che molte volte sottovalutiamo. Questa qualità della vita potrebbe se meglio connessa attrare nuova residenzialità, nuove giovani famiglie, valorizzare il patrimonio immobiliare, attrarre competenze, e questo è il vero volano per sviluppare nuovi servizi che diventerebbero essenziali come scuole, sanità, commercio, nuova imprenditorialità in genere. Certo siamo abituati al tutto e subito, e questi sono cambiamenti, anche culturali, che richiedono il tempo necessario ma sono i veri investimenti per il futuro. Senza dimenticare le potenzialità attrattive delle nostre splendide valli sul turismo con tutto quello che ne consegue».
Ma pensa che tutto questo sarebbe possibile con la sola elettrificazione di un tratto di ferrovia? «Certamente no, ma da qualche parte si deve cominciare, abbiamo la fortuna che la lungimiranza di chi ci ha preceduto in tempi in cui queste opere erano oggettivamente più complesse da realizzare e fortunatamente sono state fatte, l’evoluzione deve attingere anche dal passato, si pensi che ad inizio Novecento Cuorgnè era collegata ad Ivrea con una “filovia” che sfruttava l’energia elettrica, una soluzione che oggi definiremmo “sostenibile”.
Oggi i modelli di mobilità consentono soluzioni che partendo da un asse di collegamento come quello della ferrovia potrebbero irradiarsi verso le singole comunità delle nostre valli in modo efficiente e sostenibile, ma è indispensabile avere un collegamento principale su cui costruire un modello generale di connessione».
Quindi aver tolto alcuni anni fa i binari tra Rivarolo e Castellamonte lo considera un errore? «Anche alla luce delle nuove dinamiche legate ad un diverso approccio alla mobilità lo ritengo un grave errore. Restando sul territorio è sotto gli occhi di tutti come l’aver inserito Rivarolo all’interno del perimetro della SFM1 (Servizio Ferroviario Metropolitano di Torino) abbia contribuito alla crescita della Città e dei centri vicini, penso ad esempio a Favria».
Cosa dovrebbe fare la politica? «Non sta a me dire cosa dovrebbe fare, certo se qualche suggerimento posso dare: da un lato portare a casa l’elettrificazione della linea con tutto quello che ne comporta nella definizione di punti di interconnessione in tempi rapidi e certi. Non guasterebbe una maggiore unità d’intenti tra tutti gli amministratori dei Comuni dell’Alto Canavese, anche di quelli in cui la ferrovia non passa, perché come detto prima sarebbe un elemento imprescindibile per costruire un modello complessivo che porterebbe giovamento ad un territorio nel suo complesso. E poi supportare il cambiamento culturale nell’utilizzo di nuove forme di mobilità presso la cittadinanza. È fondamentale, cambiare le abitudini è difficile ma indispensabile e qui spesso si rischia di diventare impopolari ma è anche questo che viene richiesto a chi amministra, poi la storia quasi sempre gli ha dato ragione, come è successo a chi prima di noi l’ha fatto. Essere ponte tra generazioni che in questo periodo storico hanno necessità di trovare punti di sintesi smussando quelli di conflitto. Essere adattivi al cambiamento richiede la gestione di alcune “perdite” nell’immediato da parte di alcuni ma si deve operare nell’interesse del bene comune dei tanti guardando avanti».
Restando ad oggi però la ferrovia locale sta creando non pochi disagi ai pendolari: «Sono consapevole, non ho mai lavorato in zona e quando ero più giovane prima da studente e poi da lavoratore per diversi anni ho usufruito della “Canavesana” poi ho dovuto optare per l’automobile, sicuramente più funzionale ma con costi e rischi crescenti - conclude Pezzetto - Nel caso specifico è brutto a dirsi ma tranne che ai genitori che per un breve periodo quello in cui i figli frequentano le scuole, e ai pendolari che per motivi di lavoro devono utilizzare il trasporto pubblico, queste dinamiche sono ai più sconosciute e quindi non hanno quasi mai trovato grande solidarietà. Mi spiego meglio, se non hai provato ad alzarti tutte le mattine alle 5 o alle 6 per recarti sul posto di lavoro per anni e rientrare a casa alle 19.00 o alle 20.00 non riesci a capire il disagio. Oggi anche la modalità di lavoro sta per alcuni cambiando (lo smart working potrebbe tra le altre cose essere un elemento per attirare nuove persone a vivere da noi) il migliorare la ferrovia con nuovi mezzi (come in parte è già avvenuto) e migliorare le interconnessioni, limare i tempi ed avere certezza del servizio gioverebbe anche al pendolarismo. Migliorare il servizio attuale e lavorare su quello più a medio/lungo termine non sono in contrasto, anzi».