CANAVESE - Senza le api perderemmo buona parte della possibilità di fecondazione delle piante e avremmo un crollo sia nelle produzioni agricole che nei sistemi naturali alpini, collinari e di pianura. Nel Torinese sono attive circa 300 aziende apistiche che generano circa un miliardo e 200 milioni di api che ronzano nei nostri spazi aperti. L’apicoltura torinese produce ogni anni una media di 900mila Kg di miele di alta qualità e genera un volume d’affari medio (tra vendita diretta e vendita all’ingrosso) di oltre 9 milioni di euro.
Nella Giornata mondiale delle api, Coldiretti Torino ribadisce l’importanza di questo insetto diventato giustamente emblema della resistenza al degrado del Pianeta e simbolo stesso della sostenibilità.
Ma per il settore apistico torinese sono anni difficili. «Nel nostro territorio le api stanno patendo il cambiamento climatico - spiega Claudia Roggero, apicoltrice di Rivoli, delegata provinciale di Coldiretti Giovani Impresa Torino - da due anni la siccità limita le fioriture e lascia le api con scarsissimo miele. E gli effetti si vedono anche quest’anno. Un esempio? La fioritura di “acacia” è stata abbondante e lasciava finalmente ben sperare. Invece, i fiori bianchissimi e abbondanti di inizio maggio avevano pochissimo nettare. La lunga siccità ha messo in difesa le piante che hanno fornito poca acqua e poca energia ai fiori. Per capire l’entità del problema, basti pensare che il miele di acacia vale il 50% della produzione annuale. Se un’arnia produce in media 15 Kg di miele di acacia, quest’anno abbiamo arnie con solo 2-3 Kg».
E le piogge abbondanti di questi giorni stanno facendo il resto. «Le api non escono con la pioggia e con l’abbassamento delle temperature. Così stanno in arnia a consumare il proprio miele già scarso. In questo modo stiamo perdendo tutto il miele abbondante di maggio».
Sulle api incombono anche altri due problemi ancora poco conosciuti dall’opinione pubblica. «Oltre alle minacce di alcuni fitofarmaci usati in agricoltura, che non a caso, si sta cercando di ridurre, c’è la diffusione di campi elettromagnetici non naturali. Al primo posto c’è il rischio della diffusione dei campi fotovoltaici che possono creare campi elettromagnetici che disorientano le api nei percorsi di ricerca del nettare e nel ritorno con il bottino all’alveare. L’altro problema è il pericolo della diffusione del miele sintetico di cui si parla già in sede europea. Si tratta di un falso miele prodotto in bioreattori come accade anche per altri cibi sintetici. Se il miele sintetico fosse introdotto sui mercati e arrivasse a mettere fuori mercato il vero miele naturale, prodotto dalle api, questi insetti rischierebbero seriamente di sparire per sempre, e con loro, tutti gli incalcolabili benefici ambientali derivati dalla loro presenza».
Infatti, la presenza delle api sui campi, sui boschi, sui pascoli montani è strettamente legata agli apicoltori che dal neolitico allevano questo dittero sociale la cui vita è collegata in modo inscindibile ai fiori che a loro volta sono legati alle api. Un comparto apistico sano serve alla Natura, serve alla biodiversità e al Pianeta. Esistono legami tra api e agricoltura che sono poco conosciuti come quello tra l’allevamento bovino e le api: per allevare i bovini servono i prati foraggeri. La ricchezza di erbe e fiori nei prati foraggeri del Torinese, mantenuta per le mucche, attira le api che a loro volta impollinano le erbe producendo così mieli millefiori.
Ma le api sono anche fondamentali per la frutticoltura Tanto che, oggi, una delle attività complementari delle aziende apistiche del nostro territorio è l’affitto delle famiglie di api per i frutteti. Nei giorni delle fioriture si portano arnie in mezzo alle piante da frutta: gli apicoltori svolgono così un servizio di impollinazione “a chiamata”. Dopo le fioriture le api vengono spostate nuovamente nelle zone di provenienza.