VAUDA CANAVESE - Un possibile ridimensionamento della Riserva naturale della Vauda, chiesto dal Comune di Vauda Canavese, potrebbe peggiorare la gestione dei cinghiali e rendere meno efficaci le azioni di depopolamento che, in quel territorio, oggi hanno almeno un ente deputato: l’ente di gestione dei parchi reali che ha in carico La Mandria, Stupinigi e, appunto la Riserva della Vauda. Di questo tema si è parlato in un incontro tra i vertici di Coldiretti Torino, rappresentati dal presidente Bruno Mecca Cici, il direttore Andrea Repossini e il vicedirettore Giancarlo Chiesa, e l’Ente Parchi Reali con la direttrice Stefania Grella e il comandante dei guardiaparco Massimo Crovini.

«Il parco della Mandria – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – ha una lunga esperienza di abbattimenti di cinghiali e dispone di personale impegnato in questo specifico compito di cui riconosciamo l’alta professionalità, le ottima capacità organizzative e l’aggiornamento tecnologico. Per noi agricoltori la presenza sul territorio di operatori così preparati (guardiaparco e selecontrollori del Parco) va incrementata e non inibita».

In base alle possibilità offerte da una legge regionale, il Comune ha infatti chiesto di restringere i confini della Riserva sottraendo 140 ettari all’attuale parco. L’area rimarrebbe vincolata anche se classificata non più come “parco” ma come Zona Speciale di Conservazione. Con questa classificazione il personale del parco non potrebbe più intervenire perché il territorio sarebbe fuori dalla giurisdizione dell’Ente Parchi Reali. Il depopolamento dei cinghiali sarebbe affidato ai cacciatori dell’Ambito territoriale di caccia ma con molte limitazioni rispetto alle possibilità attuali di intervento. Intanto, agli agricoltori non verrebbero più consegnate le gabbie di cattura di proprietà dell’Ente parco. Poi, gli abbattimenti con la caccia ordinaria sarebbero limitati ai mesi di caccia (mentre ora è possibile effettuare interventi tutto l’anno); sarebbero vietati gli interventi nelle ore notturne; sarebbe vietato l’uso di fonti luminose o di sensori termici. Inoltre, il metodo della braccata in una ZSC è limitato dall’utilizzo di soli quattro cani ed è obbligatorio l’uso di munizioni senza piombo che possono essere utilizzate solo con fucili adatti, armi di nuova concezione che non sono ancora molto diffuse tra i cacciatori.

Inoltre, è possibile che le attività di caccia al cinghiale nella nuova ZSC siano sottoposte all’approvazione preventiva in base a piani di incidenza per evitare l’impatto sulla fauna protetta. «La nostra esperienza di agricoltori che tutti i giorni e le notti vivono sulla propria pelle il problema dei cinghiali ci insegna che i cacciatori da soli non bastano per effettuare un efficace depopolamento. Chiediamo semmai un coordinamento tra i vari soggetti che sono deputati alle catture e agli abbattimenti per migliorare sempre più le attività di controllo. Non ci convincono soluzioni che limitano le possibilità di intervento».

Fori dal territorio protetto della Vauda l’ammontare dei danni riconosciuti alle attività agricole è quasi il triplo dei danni verificati nel parco. La Vauda è quindi soprattutto un’area di rifugio e riproduzione del cinghiale che negli ultimi anni è diventato sempre più prolifico arrivando addirittura ad aumentare, ogni anno, del 200% le popolazioni. «I cinghiali che trovano rifugio nei boschi della Vauda, di notte, vanno a devastare i campi di mais e i prati delle aziende agricole che si trovano soprattutto fuori dall’area protetta. Se dovesse mancare un efficace controllo nel bosco i nostri agricoltori sarebbero ancora più colpiti con danni alle produzioni pregiate degli allevamenti da carne e latte e agli agriturismi della zona. Al contrario, chiediamo un coordinamento tra enti che gestiscono la fauna selvatica dentro e fuori la Riserva e un maggiore impiego delle gabbie distribuite agli agricoltori. Le gabbie, secondo l’esperienza degli operatori del Parco, si stanno rivelando il sistema più efficace per catturare e abbattere i cinghiali».

Coldiretti Torino chiede anche che venga avvita al più presto la bonifica della cosiddetta Zona Rossa delle Vaude, l’area compresa nell’ex poligono militare che oggi è totalmente interdetta a chiunque, compresi e guardiaparco, dove non può essere effettuato nessun contenimento faunistico. «Non è possibile che una porzione così ampia di parco non sia gestibile. Chiediamo che i terreni siano definitivamente ceduti dal Demanio alla Regione e che venga avviata al più presto la bonifica. Siamo al fianco dei Comuni che si sono proposti per gestire questo spazio naturale con progetti che valorizzino le potenzialità legate ai prodotti agricoli, all’escursionismo e al cicloturismo».