BORGIALLO - La notizia del ritorno, dopo 100 anni, della leggendaria Temperino con un nuovo progetto ha fatto, inevitabilmente, molto scalpore in Canavese e in Valle Sacra. Riceviamo e pubblichiamo con piacere l'articolo scritto da Emilio Champagne, presidente dell'associazione Terra Mia, nel quale racconta l’incredibile storia dei fratelli Temperino di Borgiallo, che all’inizio del Novecento costruirono la prima utilitaria ed entrarono nella storia automobilistica italiana.
Sul finire dell’Ottocento, i coniugi Giovanni Temperino e Caterina Trucano di Borgiallo e il loro primogenito Maurizio si trasferirono negli Stati Uniti in cerca di fortuna. In America nacquero altri figli e precisamente Jimmy, Secondo, Carlo e Mary. Le cose non andavano male, ma l’improvvisa morte del capofamiglia e i problemi di salute di Caterina la moglie, indusse quest’ultima a radunare i propri figlioli e rientrare in patria, nella casa di Borgiallo. I primi tempi furono duri, poi il figlio Maurizio il più grande cominciò a dare una mano e a imparare un mestiere nelle boite del rame di Cuorgnè, ma le opportunità per la famiglia erano poche. La mamma Caterina decise così di trasferirsi a Torino, dove numerose erano le manifatture e quindi le possibilità di occupazione. Nei primi anni del Novecento, Maurizio il primogenito, dopo un periodo di apprendistato si appassionò alla meccanica e propose ai fratelli l’apertura di una bottega in via Principe Oddone 44, per la riparazione di cicli e motocicli. La passione per i motori contagiò in breve i fratelli Temperino e se le automobili erano ancora appannaggio della classe più ricca, le prime motociclette erano un lusso al quale poteva accedere anche la media borghesia, quindi decisero di impegnarsi nel settore. Pur importando dall’America i componenti più importanti, nel 1908 la prima moto con il marchio Temperino dipinto sul serbatoio incominciò a rombare per le strade di Torino. Nel 1911, in occasione del 50° anniversario dell’Unità d’Italia, venne allestita a Torino una grande Esposizione internazionale alla quale la ditta Temperino partecipò con le loro motociclette. L’attività stava andando bene e le ordinazioni fioccavano da ogni parte.
Il sogno dei fratelli era però quello di costruire un’auto. Mentre ancora si occupavano di moto, nei ritagli di tempo si dedicarono alla costruzione di un prototipo, che a giudicare da una rara foto, sembrava più una macchina a pedali per bambini che un’autovettura.
Il primo passo era stato fatto, ma molto restava ancora da fare. Importante fu la collaborazione con un giovane studente del Politecnico, Giulio Cappa Bava che già chiamavano “l’ingegnere”. Questo distinto giovane, usava frequentare l’officina dei Temperino assieme ai colleghi di studio e lì, con la testa china sui cilindri e sui pistoni, discutevano sui numerosi problemi tecnici da risolvere. Con il passare del tempo si rinnovarono gli sforzi. Maurizio il più anziano era un autentico inventore e molte parti della vettura furono pensate e costruite adottando alle volte delle soluzioni originali e inedite. Finalmente, la prima auto Temperino fu messa a punto nelle officine di via Ravenna vicino a C.so Principe Oddone, ancor prima dello scoppio della Prima guerra Mondiale. Nel primo dopoguerra, l’officina di via Principe Oddone non bastava più e si aprì uno stabilimento in via Stupinigi con una sessantina di operai. Le macchine ulteriormente migliorate, montavano un nuovo motore a due cilindri e la loro caratteristiche principale erano le contenute dimensioni e le ottime prestazioni in salita.
La produzione da artigianale quale era stata fino ad allora, divenne industriale. Nella primavera del 1918, fu stipulato un accordo con la ditta Opessi per la costruzione in serie delle vetture. Una delle novità costruttive fu che la Temperino anticipando i tempi, delegò la costruzione delle varie parti ad altrettante ditte. Un primo modello montava un motore costruito dalla fabbrica di motocicli Della Ferrera, di 1010 c.c., mentre le carrozzerie provenivano dallo stabilimento Farina di corso Tortona ed erano verniciate in color verde oliva, rosso granata e nero. Alla fine della I Guerra mondiale il panorama industriale del settore automobilistico era caratterizzato dal grande sviluppo che stava avendo la Fiat, dovuto anche alle notevoli commesse militari delle quali aveva beneficiato e dalla produzione di automobili di grande dimensione, sempre più potenti e costose. Molte aziende erano già fallite o stavano per esserlo, impossibilitate a concorrere con un nascente colosso quale stava per diventare la Fiat e di questo erano ben coscienti i fratelli Temperino i quali maturarono la decisione, che per resistere vi era una sola possibilità: costruire automobili piccole, robuste e dal costo contenuto, in grado da essere acquistate anche dalla nascente piccola borghesia. Per fare ciò si ideò un progetto produttivo altamente innovativo per l’epoca: la soppressione dell’ossatura in legno e dell’adozione di una carrozzeria interamente metallica sviluppata negli stabilimenti Farina. La carrozzeria della Temperino fu la prima applicazione concreta delle nuove tecniche apprese oltreoceano dal decano dei carrozzieri italiani, il cui fratello minore diventerà famoso con il marchio Pinin Farina. Oltre alla carrozzeria, il motore raffreddato ad aria, ma ancor privo di condotti forzati, permise l’eliminazione del circuito di raffreddamento ad acqua e l’adozione di un semplice e leggero telaio a forma di A dotato di balestre ellittiche anteriori e di “balestrino posteriore”. Grande importanza venne data alle corse automobilistiche, che proprio in quegli anni appassionavano il pubblico ed erano quindi un ottimo veicolo pubblicitario.
La Temperino approntò sei autovetture, destinate a competere nelle più importanti gare dell’epoca. Gli stessi fratelli le piloteranno in prima persona e le porteranno a collezionare un’incredibile serie di successi. Già nel 1919, una Temperino con due persone a bordo riuscì a percorrere in dodici minuti la salita Sassi –Superga. Da allora fino al 1927 fu un susseguirsi di successi nella loro categoria. Nel tempo si è perso l’elenco delle gare alle quali le Temperino e i loro piloti parteciparono, ma furono veramente tante. Nel 1920 due Temperino si classificarono al primo e secondo posto nel Circuito del Sestriers, la più massacrante corsa automobilistica dell’epoca: 256 km di stradine ripide e polverose, che le due Temperino percorsero alla sbalorditiva media di 52,325 Km/ora. Un’altra importante affermazione la ebbero nell’agosto dello stesso anno, alla corsa in salita Aosta-Gran San Bernardo, che imponeva un difficile tracciato di 30,5 Km e un dislivello di 1867 metri. Le due Temperino, guidate da Adolfo Martinelli e Marco Truccano, arrivarono in un’ora e undici minuti. Un giorno il carrozziere Giovanni Farina, regalò al suo giovanissimo figlio Nino una Temperino e Maurizio gli insegno a guidarla e in breve venne inserito nella squadra corse. Nino Farina si appassionò alle corse automobilistiche tanto che, nel 1950, con l’Alfa Romeo 158 diventò il primo campione del mondo nella storia della moderna Formula Uno.
Proprio quando tutto sembrava andare bene, la crisi economica che colpì l’Italia e le turbolenze politiche che sfociarono nell’avvento del fascismo, mandò in crisi numerose aziende. Chi non aveva capitali consistenti fu costretto ad appoggiarsi alle banche. La Temperino ebbe la sfortuna di affidarsi alla Banca Italiana di Sconto, la quale proprio in quegli anni fu travolta dalla crisi trascinando con se molte imprese e istituti di credito. La Temperino ebbe gravi ripercussioni, ma resistette pagando tutti i debiti, riuscendo ad evitare il fallimento. La Temperino resistette sino al 1925, poi si arrese di fronte ad una concorrenza insostenibile. La automobili Temperino sono oggi ricordate da tutti gli esperti come il primo tentativo italiano di costruire un’automobile utilitaria destinata ad una larga diffusione. In Italia bisognerà aspettare gli Anni Cinquanta-Sessanta perché l’auto utilitaria si affermi. Forse i tempi non erano maturi. La Temperino voleva essere un’auto economica destinata ad una piccola borghesia che in Italia era ancora troppo poco sviluppata. Inoltre in quegli anni sparirono quasi tutte le ditte di automobili nate a Torino ad inizio Novecento, una sola, la Fiat, avrebbe primeggiato nella storia automobilistica di Torino e dell’Italia.
Oggi una Temperino è esposta al Museo dell’automobile di Torino e continua a stupire i visitatori per l’eleganza, concentrata nelle sue ridotte dimensioni. I fratelli Temperino continuarono la loro attività in campo automobilistico aprendo un grande e rinomato garage in via Giovanni da Verrazzano e continuarono la loro passione automobilistica depositando una serie di brevetti.
Non dimenticarono mai il loro paese, Borgiallo, dove avevano conservato la casa di famiglia e trascorsero serenamente parte della loro vecchiaia e tutti, uno dopo l’altro, lo scelsero come ultima dimora. (testo e foto di Emilio Champagne)