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C’è una speciale galleria, nel mondo del cinema, dove finiscono esclusivamente le pellicole diventate leggenda. Film così perfetti, rotondi e bilanciati da non perdere mai lo smalto, riuscendo ad attraversare indenni i decenni e le generazioni. È il caso di “Back to the Future”, ritorno al futuro nella versione italiana, diretto da Robert Zemeckis e interpretato da Michael J. Fox e Christopher Lloyd.

A partire dal 2015, il 21 ottobre di ogni anno – la data esatta in cui Marty McFly inizia il suo viaggio indietro nel tempo - si celebra il “Back to the Future Day”, che quest’anno cade esattamente nel quarantennale dell’uscita del film, che per l’occasione torna nelle sale in una versione restaurata in 4K accompagnata da raduni di fan, mostre ed eventi in scena in tutto il mondo.

A Torino, il quarantennale del film è stato scelto dal “Mauto”, Museo dell’Automobile, per una mostra intitolata “Prototipi di tempo in cui, partendo dalla DeLorean DMC-12 ideata nel 1981 da Giorgetto Giugiaro, ospitata all’interno del museo, si esplora la relazione fra automobili ed orologi.

L’idea del film nasce il giorno in cui Bob Gale, lo sceneggiatore, fa visita ai suoi genitori nella casa di famiglia a Saint Louis, scoprendo per caso in cantina una copia dell’annuario scolastico del padre in cui veniva citato come capoclasse. Ricordando anche i propri passati scolastici, Gale finisce per chiedersi com’era suo padre adolescente e se mai sarebbe andato d’accordo con lui stesso, a patto di poterlo incontrare in quei tempi.

Un pensiero all’apparenza strampalato che lo sceneggiatore racconta all’amico regista Zemeckis, a cui invece l’idea piace così tanto da decidere di scrivere una sceneggiatura a quattro mani che qualche mese dopo finisce sui tavoli della “Columbia Pictures”.

L’idea del viaggio nel tempo sembra piacere, e ancor di più la scelta di ambientare la vicenda nel 1955, anni consacrati da serie tv di enorme successo come “Happy Days” e film come “American Graffiti” e “Grease”.

Ma in realtà, la strada non è così in discesa come sembra: la sceneggiatura, riscritta più di 40 volte, alla fine non convince la produzione, che invita i due a presentare l’idea alla Disney, forse più propensa a investire nei film di fantasia.

Il colpo di fortuna insperato arriva quando la voce del film in cerca di produzione arriva a Steven Spielberg, che sceglie di produrlo in prima persona insieme alla “Universal Pictures”.

Per il cast, il ruolo di Marty McFly viene letteralmente pennellato su Michael J. Fox, giovane attore esploso con “Casa Keaton”, ma lui è costretto a rifiutare per via dei pressanti impegni professionali. Si prova a ripiegare con Eric Stoltz, ma viene licenziato dopo sole 6 settimane di lavorazione perché incapace di dare al personaggio la sottile ironia necessaria a caratterizzarlo. Per fortuna, nel frattempo Michael J. Fox era riuscito ad ottenere il permesso dalla produzione a patto di non interrompere le riprese della serie tv, costringendo così il cast a girare il film solo di notte.

Per “Doc” Brown, al contrario, la produzione passa al setaccio attori come John Candy, Danny De Vito, Gene Hackman, Robin Williams e James Wood, ma la scelta cade su Christopher Lloyd, costretto anche lui a rinunciare ad una stagione teatrale in partenza a Broadway, New York.

Buona parte delle riprese sono realizzate agli “Universal Studios” di Los Angeles, dove ancora oggi è conservata la piazza centrale di Hill Valley, con la torre dell’orologio.

Per finire con la colonna sonora, impreziosita da “The Power of Love”, che diventerà un brano di successo mondiale della band Huey Lewis and the News. Oltre a questa, torna ai primi posti delle classifiche anche “Johnny B. Goode” di Chuck Berry, suonata da Marty McFly in una scena epocale del film.

Ritorno al Futuro esce nelle sale italiane nell’ottobre del 1985, dove diventa il successo della stagione. In tutto, la pellicola incassa 213 milioni di dollari nei soli Stati Uniti, più altri 170 nel resto del mondo, per un totale di 389 milioni di biglietti verdi.

Oltre a vincere l’Oscar per il montaggio sonoro, nel 2007 il film, a cui seguono altri due capitoli, e viene incluso nella “National Film Registry” della Biblioteca del Congresso americano, mentre l’anno successivo il magazine inglese “Empire” lo inserisce fra le 500 migliori pellicole della storia.

Da allora, malgrado decenni di richieste, Robert Zemeckis si è sempre dichiarato contrario all’idea di pensare ad un remake, anche per via del Parkinson che solo cinque anni dopo ha colpito Michael J. Fox, costringendolo ad interrompere la carriera ma non di uscire dai sogni dei fan, che in lui vedono sempre il vispo Marty McFly, disposto a credere al flusso canalizzatore di Doc Brown e soprattutto a partire a bordo della DeLorean con l’idea di incontrare sua mamma e suo papà.