Forse per via della pena di morte, prevista per 13 reati ma in realtà applicata solo per l’omicidio, fino a pochissimi anni fa il Giappone era uno dei Paesi più industrializzati con il più basso tasso di criminalità al mondo. Un dato che nel 2023 ha iniziato a vacillare con un aumento improvviso di crimini di strada e atti violenti, ma con una percentuale di furti che resta assai basso anche per via di una cultura che non concepisce l’idea di impossessarsi a forza della roba d’altri.
Non a caso, la polizia è convinta che i componenti della banda che sta iniziando a preoccupare le autorità non siano affatto giapponesi. Perché nel mirino dei malfattori non ci sono banche, uffici postali, negozi o anziani al bancomat, ma i bonsai, i celebri alberelli in miniatura frutto di un’antichissima e raffinata arte unica al mondo, che per i giapponesi rappresentano l’espressione terrena dell’armonia, della pazienza e della perseveranza.
Non a caso, i prezzi degli alberelli a volte centenari, raggiungono cifre astronomiche non solo da queste parti, ma anche in Giappone.
Nell’ultimo colpo messo dalla banda, ripresa dalle telecamere di sorveglianza dl “Gashoen”, un noto vivaio nella prefettura di Kumamoto, nel sud del Paese, nel corso di un raid notturno la banda è riuscita a portare via 33 piantine preziosissime, per un valore complessivo che supera i 18 milioni di Yen, più o meno 110 mila euro.
Forte il rammarico dei proprietari, terza generazione di una famiglia che da decenni tramanda di padre in figlio l’arte dei bonsai, e non solo per il valore in sé del furto e della pazienza necessaria per crescere ognuna di quelle che definiscono “opere d’arte viventi”, ma soprattutto per i modi: “Dalle immagini delle telecamere si vede uno dei ladri afferrare i bonsai dai rami invece di prenderli come i giapponesi sanno fare, partendo dal basso e con molta delicatezza: non sono modi da giapponesi”.
Un indizio per trova d’accordo la polizia, che ha definito la banda “gente ignorante, insensibile alla cura necessaria a crescere ogni bonsai, dietro cui probabilmente si cela un mercato nero che vale 100 milioni di euro all’anno con ramificazioni in Paesi come Cina, Vietnam, Singapore, Stati Uniti ed Europa. Sappiamo che in Giappone agiscono da tempo bande organizzate che utilizzano manovalanza straniera, del tutto indifferente alla nostra cultura, e prediligono i bonsai perché piccoli, facili da occultare e facilmente smerciabili”.
Ma il fenomeno inizia a dilagare in modo preoccupante, contando che il furto alla Gashoen è il quarantesimo denunciato alle autorità e addirittura il ventesimo dall’inizio dell’anno, con un valore complessivo della refurtiva che ormai supera abbondantemente il milione di euro.
Lo scorso aprile, grazie ad un localizzatore Gps nascosto nel terriccio, la polizia è riuscita a sgominare una piccola banda composta da vietnamiti beccati mentre tentavano di piazzare sul mercato di contrabbando cinese sette bonsai fra i più costosi, compreso un rarissimo esemplare di pino nero “Kuromatsu”.
La polizia promette a breve sviluppi, perché grazie all’analisi delle telecamere interne di sicurezza, è stato possibile individuare una costante: nelle ore precedenti ai furti, per le corsie dei vivai sono state notate persone intente a fotografare con attenzione le piantine più preziose. Nel frattempo, sono diversi i vivaisti che hanno postato sui social le foto dei loro pezzi rubati nella speranza che qualcuno possa riconoscerli, promettendo ricompense in denaro a chi è in grado di fornire indicazioni che portino a rintracciare i piccoli bonsai rapiti.