Anche per morire ci vuole fortuna, anche se sei un personaggio noto, amato e seguito. A Francesco Nuti non è andata bene neanche l’ultima uscita di scena, quella dove il protagonista raccoglie gli applausi del pubblico: in un’Italia travolta dalla notizia della morte di Silvio Berlusconi, la sua resta di spalla, senza lo spazio che avrebbe meritato un attore costretto dal destino a passare dal sapore dolce del successo e quello amarissimo dell’essere solo e dimenticato, o quasi.
Aveva 68 anni e da tempo si lasciava vivere, con il fisico minato dalle conseguenze di una profonda depressione che l’aveva colpito nel 2001, quando la sua stella aveva iniziato a farsi meno luminosa e riempire le sale magicamente con le sue storie di biliardi e donne non gli riusciva più come un tempo.
Si era rifugiato nell’alcol, e nel 2006 una brutta caduta sulle scale di casa gli aveva procurato un trauma cranico così profondo da mettere a rischio la vita. Ricoverato d’urgenza si era salvato dopo 4 mesi di coma ed un lungo periodo di riabilitazione. Dieci anni dopo esatti, nel 2016, una nuova caduta aveva in qualche modo completato il disegno che il destino aveva in mente per Francesco Nuti: resta su una sedia a rotelle, fatica a parlare e viene ricoverato in una clinica specializzata per il bisogno continuo di assistenza.
Gli resterà sempre accanto la figlia Ginevra, avuta dall’ex compagna Annamaria Malipiero, al suo fianco dal 1994 al 2000. È stata la stessa Ginevra a raccontare più volte che a suo padre piaceva molto quando lei gli leggeva i messaggi d’incoraggiamento dei tanti fan che ancora ricordavano le sue pellicole, sempre sospese fra l’ironia dissacrante e personaggi stralunati. E sempre Ginevra ne ha annunciato poche ore fa la morte a nome della famiglia, chiedendo rispetto per il loro dolore.
Del suo accento toscano, Nuti ne aveva fatto una bandiera: nato a Firenze il 17 maggio del 1955, aveva iniziato a calcare i palcoscenici da ragazzino, portando in scena monologhi che amava scrivere da solo, nella sua cameretta. Alla fine degli anni ’70 entra come sostituto in un trio di cabaret, “I Giancattivi”, al fianco di Alessandro Benvenuti e Athina Cenci. I tre funzionano così bene da entrare nel cast di “Non Stop”, trasmissione cult della Rai voluta da Enzo Trapani che avrebbe fatto da trampolino ad una nuova generazione di comici destinati a carriere di grande successo come Massimo Troisi, Lello Arena, Carlo Verdone, I Gatti di Vicolo Miracoli, Enrico Beruschi, Zuzzurro e Gaspare.
Nel 1981, con la regia di Benvenuti, i Giancattivi debuttano al cinema con “Ad ovest di Paperino”, che in pratica ripercorre il loro repertorio, e l’anno successivo Nuti abbandona il trio per dedicarsi alla carriera che lo attira di più: il cinema. “Madonna che silenzio c’è stasera” (1982), ma soprattutto “Io, Chiara e lo scuro” (1983) e “Son contento”, lo trasformano in una delle migliori promesse del cinema italiano, consacrato dal David di Donatello e dal Nastro d’Argento.
Dalla metà degli anni ‘80, Francesco è pronto per fare da solo: nel 1985 dirige e interpreta “Casablanca, Casablanca”, con Giuliana De Sio, seguito a raffica da “Tutta colpa del paradiso” (1985), “Stregati” (1986), “Caruso Pascoski (di padre polacco)” (1988), Willy Signori e vengo da lontano” (1989) e “Donne con le gonne” (1991). Dopo un’insolita parentesi canora al Festival di Sanremo 1988, dove porta “Lasciamoci respirare”, brano scritto per lui da Biagio Antonacci, Nuti torna al cinema con il progetto più difficile e ambizioso della sua carriera: “OcchioPinocchio”. Costato oltre 30 miliardi delle vecchie lire, al botteghino si rivela un completo flop seguito da strascichi legali.
L’ultima apparizione al cinema nel 2005 in “Concorso di colpa”, diretto da Claudio Fragrasso, per cui interpreta un commissario di polizia nei giorni del sequestro Moro.