Si chiamano “ferie” e sono un diritto irrinunciabile di chi lavora, “per consentire il recupero delle energie e la realizzazione di esigenze ricreative personali e familiari”. In genere oscillano intorno alle quattro settimane all’anno, ma in base ai contratti collettivi alcuni possono goderne di più.
Proprio per questo, fa effetto scoprire che il colosso “Microsoft”, ha appena deciso di concedere ai propri dipendenti americani ferie illimitate. Una notizia che oltre a creare un’invidia istintiva, colpisce perché in netto contrasto con un periodo di forte crisi dei giganti del tech e va contro gli strali di personaggi come Elon Musk, che si è addirittura schierato contro lo smart working chiedendo ai propri dipendenti la presenza fisica in ufficio.
Della clamorosa decisione di Microsoft ne ha dato notizia per primo il sito “The Verge”, che è riuscito a mettere le mani sull’email che Kathleen Hogan, chief people officier del colosso di Redmond, ha dato comunicazione ai 122mila dipendenti americani. A parte vedersi forse rispondere “santa subito”, la capa suprema delle risorse umane spiega che l’azienda ha ormai metabolizzato l’idea di come sia cambiato – e ancora lo farà – la modalità di come, quando e più che altro dove svolgere il proprio lavoro. Da qui l’idea di anticipare le mosse, scegliendo di modernizzare quanto più possibile la politica interna. A questo si aggiungono due benefit mica da poco: altri 10 giorni di ferie aziendali per congedi e malattia e un compenso economico versato a metà anno ai dipendenti che hanno ferie da smaltire.
La novità, chiamata “Discretionary Time Off” - permesso discrezionale – consente ad ogni dipendente di prendere ferie in modo, appunto, discrezionale, anche se al netto di autorizzazione da parte dei responsabili, concessa in base al rendimento di ognuno. Questo, per cominciare, porterà a non accumulare più ferie da smaltire, ma anche non dover attendere di maturare i giorni necessari prima di poterli chiedere. Ma soprattutto, senza più preoccuparsi di tenere i conti fra quelli già fatti e quelli che restano. Il tutto, ovviamene, al netto dello stipendio.
E gli altri? Purtroppo, replica la Hogan, “le leggi federali e statali sui salari e gli orari lavorativi non permettono di garantire questo permesso anche ai collaboratori e ai dipendenti non statunitensi, i quali manterranno i loro attuali benefici per le ferie in base alle differenti leggi e regolamenti degli altri paesi”.
In realtà, fanno notare gli esperti, la cancellazione del numero di giorni di ferie godibili non è una vera novità: Netflix, Oracle e Linkedin hanno già sposato l’idea da qualche tempo, riscuotendo un successo di risultati e produttività così ampio da mettere la voglia anche ad un colosso come Microsoft. E andando ancora indietro nel tempo, il concetto di Discretionary Time Off ha fatto capolino sul mercato del lavoro statunitense già 7 anni fa, trasformandosi in un benefit essenziale per tentare di combattere il “great resignation”, il fenomeno dei licenziamenti di massa che ancora rischia di mettere in ginocchio migliaia di aziende per mancanza di personale. In pratica un nuovo modo di intendere il lavoro, tassello esistenziale importante e fondamentale almeno quanto la vita privata, ma che sempre più deve rispondere al principio della “work-life balance”.
Componente necessaria del Discretionary Time Off è un grado fiducia fra zaienda e dipendenti ai massimi livelli e un sistema di lavoro basato sugli obiettivi da raggiungere, lasciando libera scelta ad ognuno su come e soprattutto dov’essere per raggiungerlo. Tutto il resto è vita.