I belgi hanno avuto tempo fino al 2 novembre scorso per trovarsi un knuffelcontact, letteralmente un “compagno di coccole”. Che poi sia utile anche per altro, è ovviamente lasciato al libero arbitrio di ognuno.
Ma il consiglio di individuare una figura con cui affrontare il lockdown imposto dal governo fino al prossimo 13 dicembre non è arrivato da un sito di incontri, ma direttamente dal premier, Alexander De Croo, che ha annunciato la nuova stretta come “un confinamento, che però non significa isolamento”. Da qui il suggerimento, specificato perfino sul sito ufficiale del governo, che recita testualmente: “Ogni membro della famiglia ha diritto ad un knuffelcontact, ma è possibile invitarne a casa solo uno per volta”. Deroga per chi invece vive da solo, a cui spetta il diritto a eleggere numero due compagni di coccole, “che tuttavia non possono essere presenti contemporaneamente”.
Dopo il lockdown dello scorso marzo, la nuova stretta è resa necessaria nel Paese da numeri che lasciano poco spazio alla fantasia (mezzo milione di contagi e 13mila morti), ma al contrario di quanto accaduto in primavera, il governo ha varato la figura dei knuffelcontact per tenere a bada la salute mentale dei belgi concedendo un minimo sindacale di socialità. Non è chiaro chi conteggerà gli ingressi e neanche se è necessario registrare in comune il nome del proprio compagno di coccole.
Quella che sembra una norma da buttare facilmente sul pecoreccio affonda nelle preoccupazioni dell’OMS, che fin dal primo lockdown della scorsa primavera indicava come la depressione il disturbo mentale più diffuso a causa dell’isolamento, una condizione innaturale per la natura umana che provoca ansia e attacchi di panico, nei mesi scorsi registrati a migliaia in tutta Europa.
E quella del governo belga non in realtà la prima decisione simile adottata in vista di un lockdown: mentre nel Regno Unito si suggeriva la creazione di una support bubble, una “bolla di sostegno” sociale da gonfiare scegliendo una persona fidata e amica da poter incontrare, in Olanda, lo scorso marzo, era nata la figura del seksbuddy, meno romanticamente un “compagno/a di letto” con cui divertirsi a trascorrere ad uso fantasia le lunghe giornate di lockdown.
L’istituto per la sanità pubblica olandese, decisamente più libertino e sbrigativo, aveva pensato ad ogni dettaglio della vita sessuale dei cittadini, stilando un vademecum che partiva dal diritto dei single di “nominare qualcuno nella stessa condizione che vada a trovarlo, per la soddisfazione di entrambi”. Se uno dei due, con l’andar del tempo risultasse positivo, il RIVM ricorda che “fare sesso è possibile anche a distanza: basta raccontarsi storie erotiche e raggiungere il piacere simultaneamente”.
Situazione diversa in caso di positività di un convivente, eventualità che porta ad escludere il sesso concedendo al massimo un po’ di sano autoerotismo. Anche in questo caso, sapere chi doveva controllare l’attività amanuense resta un mistero. E in Italia? Abbiamo il bonus monopattino, arrangiamoci con quello.