Preparare un uovo è da sempre una delle scappatoie in cucina per chi proprio non sa dove mettere le mani. Perché un uovo, in fondo, lo sanno fare tutti: bastano i consigli di qualsiasi mamma in circolazione o in mancanza qualche tutorial che spieghi quanti minuti sono necessari per averlo della consistenza desiderata.
Bene, anche questo possiamo dimenticarlo. Perché l’uovo, in particolare quello sodo, è addirittura diventato l’oggetto di studi di un team di chimici e ingegneri dell’Università Federico II di Napoli, forse stanchi di ritrovarsi nel piatto della mensa universitaria uova semi-molli al posto della versione più solidificata che ci sia. “Attraverso la modellazione matematica e la successiva simulazione, siamo in grado di progettare il nuovo metodo di cottura, quella periodica. Il confronto con le procedure di cottura delle uova consolidate attraverso una pletora di tecniche di caratterizzazione, tra cui l'analisi sensoriale, l'analisi del profilo di consistenza e la spettroscopia FT-IR, conferma le diverse estensioni di cottura e le diverse variazioni nella denaturazione delle proteine con il nuovo approccio. Il metodo non solo ottimizza la consistenza e i nutrienti delle uova, ma è anche promettente per applicazioni culinarie innovative e per il trattamento dei materiali”.
Detto in modo più comprensibile, il problema di fondo è che per ottenere l’albume morbido e il tuorlo vellutato è necessario pensare a cotture con temperature diverse, pena ritrovarsi il primo farinoso e allappante, il secondo al limite del gelatinoso.
La ricetta perfetta, individuata dai cervelloni dell’ateneo, inizia smentendo la prima regola: non basta portare l’acqua con le uova immerse a ebollizione e aspettare 10 minuti d’orologio. Giammai.
Primo, perché la temperatura ideale non sono affatto i 100 gradi dell’acqua che bolle, ma la combinazione di 65 gradi per il tuorlo e 85 per l’albume.
La soluzione è arrivata attraverso la matematica, che come tutti sanno non è mai un’opinione, neanche per le uova. Attraverso un’equazione è possibile descrivere il modo in cui il calore viaggia da una superficie calda all’uovo con un'altra che al contrario racconta il passaggio della consistenza da liquido a solido attraverso una fase gelatinosa intermedia. Passaggio successivo: simulare la cottura all’interno di un software di fluidodinamica computazionale per ricavare, signore e signori, la ricetta per l’uovo sodo perfetto. Applausi.
Uno stile di cottura ribattezzato “periodico” poiché richiede un minimo di attenzione, ben distante dall’abbandonare l’uovo nell’acqua calda magari approfittandone per apparecchiare la tavola. Per essere precisi e perfetti è necessario immolare 32 minuti, da trascorrere passando ogni due minuti l’uovo da una pentola d’acqua in ebollizione ad un’altra con l’acqua a 30 gradi.
Una teoria confermata da numerosi test che hanno confermato tutto: solo con la cottura periodica è possibile ottiene un tuorlo morbido, a metà tra quello della cottura a bagnomaria e alla coque, perché in questo modo viene mantenuto a una temperatura costante di 67°C. Mentre l’albume, passando di continuo tra i 35 e i 100°C, si rassoda al punto giusto.
Ma non basta, perché la ricerca – pubblicata sulla rivista scientifica “Communications Engineering” - ha permesso anche di accertare che la cottura periodica modifica perfino i valori nutrizionali dell’uovo, salvando un numero maggiore di polifenoli, molecole organiche antiossidanti che combattono i soliti radicali liberi. “Nel complesso, abbiamo riscontrato che il nostro metodo di cottura porta a un miglioramento della consistenza e del contenuto nutrizionale rispetto alle tradizionali tecniche di cottura delle uova con guscio, elevando così il concetto già consolidato secondo cui la temperatura e il tempo hanno un ruolo critico nelle proprietà risultanti delle parti dell'uovo”. E adesso, chi ha il coraggio, vada a farsi un uovo.