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di Giuseppe Pezzetto - Canavesealcentro.it

Recentemente ho avuto l’opportunità di essere inserito tra i relatori di un interessante convegno presso la Confindustria di Ivrea dal titolo «Attrattività e mobilità, una sfida pubblica e privata». Un punto di partenza interessante da cui vorrei provare sinteticamente a fissare alcuni aspetti di un argomento vasto e in continua evoluzione che può essere leva importante per lo sviluppo del nostro territorio: per la qualità della vita, l’attrazione e la creazione di posti di lavoro e di nuova economia sia residenziale che turistica. La parola da cui partire per sviluppare il pensiero è: mobilità.

Che fosse fondamentale il poter connettere luoghi più o meno distanti per scambiare merci, far incontrare culture e divulgare conoscenza si perde nella notte dei tempi, ed i Romani (quelli di Giulio Cesare) ne furono maestri collegando a Roma, senza troppa tecnologia, luoghi sparsi in diversi continenti, mentre i romani, quelli attuali, faticano a muoversi nella loro città. L’evoluzione è cresciuta rapidamente soprattutto negli ultimi secoli, dalle carrozze si è passati alle automobili, dai galeoni ai transatlantici, dai treni a vapore a quelli a levitazione magnetica, da Icaro ad aerei supertecnologici e così via… ampliando gli orizzonti e dopo la Luna puntando su Marte ed oltre.
Ma in attesa che il Capitano James T. Kirk ci sveli i segreti del «teletrasporto» dobbiamo occuparci seriamente di sviluppare qui, con i piedi ben piantati sulla nostra terra, nuove soluzioni, nuovi modelli che ci consentano per quanto possibile in modo «sostenibile» di rendere più semplice e sicuro lo spostamento di merci e di persone tra le varie comunità.

Questo problema è cresciuto in modo esponenziale in quelle parti del mondo che vengono definite «evolute» perché purtroppo in altre ci sono donne che devono ancora oggi percorrere decine di chilometri a piedi per potersi permettere una brocca d’acqua. Da noi quello che viene definito benessere, figlio della globalizzazione, ha accresciuto lo spostamento di cose e persone, basti pensare alla frutta che troviamo sulle nostre tavole e che attraversa quotidianamente l’oceano o ai corrieri Amazon che riempiono di imballi le nostre case, spesso di cose inutili. Il sistema è complesso ed è sempre più interconnesso, e basta la chiusura di un punto d’accesso, ad esempio il traforo del Monte Bianco, per mandarlo in crisi. Fortunatamente anche l’ingegno umano con nuove tecnologie sta rapidamente sviluppando nuovi modelli di mobilità sostenibile inimmaginabili sino a poco tempo fa, è un settore in rapida evoluzione, ma di questo parleremo in successivi articoli. Perché anche le nostre comunità, come quelle del Canavese, dovrebbero essere più sensibili all’argomento e conseguentemente portare queste istanze con maggiore convinzione anche all’attenzione delle Istituzioni? 

I motivi sono molteplici e riguardano ognuno di noi: una migliore connessione delle nostre comunità consentirebbe al nostro territorio di essere più attrattivo, di far spostare talenti e investimenti presso le nostre imprese consentendogli di crescere qui, creare nuove opportunità di lavoro e non delocalizzarsi. Consentirebbe al settore del turismo di essere più appetibile per quella fetta di mondo che è alla ricerca di luoghi da raggiungere anche e soprattutto con modalità di spostamento sostenibile. Attirerebbe nuova residenzialità e quindi nuova economia. Occorrerà però anche un cambiamento culturale, che fortunatamente è in atto soprattutto nelle nuove generazioni, sui fondamentali delle modalità con cui ci si muove, dovremo tutti in qualche modo essere più adattivi, anche rivedendo le nostre abitudini. Per guardare avanti ogni tanto occorre anche ricordarsi del passato, all’inizio del ‘900 una filovia «elettrica» collegava Ivrea a Cuorgnè. Possiamo fare qualcosa di concreto e fattibile da subito? Iniziamo con l’insistere affinché si porti a compimento l’elettrificazione della linea ferroviaria Torino – Pont Canavese anche nel tratto da Rivarolo a fondo valle, è un mio cavallo di battaglia da molti anni e continuo ad essere convinto che non si debba mollare la presa in questo ultimo miglio!